Abstract:
Questa ricerca si propone di seguire i passi compiuti dal fratello laico teatino Matteo Zaccolini (Cesena 1574-Roma 1630) verso la stesura del De Colori, il manoscritto più vasto che compone il suo Trattato di Prospettiva. Quest’opera, scritta tra il primo e il secondo decennio del Seicento, ma lasciata inedita dallo stesso autore, ci è pervenuta grazie ad una copia puteana conservata manoscritta nella Biblioteca Laurenziana di Firenze. Il presente lavoro intende seguire le tracce del pittore cesenate col desiderio di far conoscere la “p(rim)a parte della generatione de’ colori” , indagine derivata da una faticosa rielaborazione dei fondamenti teorico-filosofici appresi da Scipione Chiaramonti, il dotto precettore a cui Zaccolini dedicherà tutta la sua opera. La ricerca ha privilegiato l’indagine archivistica e lo spoglio delle cronache manoscritte nel tentativo di colmare le lacune che avevano lasciato nell’ombra la formazione artistica e culturale dell’esperto quadraturista. Uno dei risultati più interessanti della ricerca da me condotta riguarda il ritrovamento dell’inedito manoscritto di prospettiva Scipione Chiaramonti, opera che il celebre astronomo compilò nel 1609 ma di cui si erano perse le tracce da molti secoli.Nella prima parte della tesi si cercherà di ricostruire e indagare i contesti entro cui si muove Matte Zaccolini, dal suo debutto come pittore decoratore degli apparati effimeri cesenati ai prestigiosi incarichi come consulente di prospettiva nei cantieri teatini romani e napoletani: i documenti ritrovati nelle biblioteche e negli archivi di Cesena, Roma e Napoli hanno consentito di tracciare le coordinate storico-contestuali necessarie per studiare il manoscritto De Colori, presentato e trascritto integralmente nella seconda parte della tesi. Le pagine che Zaccolini dedica alla storia naturale dei colori sono tratte in gran parte dagli scritti del corpus aristotelicum, in particolare dalle traduzioni del pseudo-aristotelico De Coloribus, il “libretto” citato da Zaccolini e commentato in modo del tutto originale per “il vulgo di questa professione pittorica”: il manoscritto, divulgato nella lingua dei pittori per “sicurezza della pittura”, riveste quindi un ruolo fondamentale nella trasmissione della dottrina aristotelica nel XVII secolo, poiché raccoglie l’eredità culturale e artistica degli “studij della buona filosofia” insegnata nel lyceum del suo maestro di prospettiva, il soprannominato “Aristotele Chiaramonti.