Abstract:
Quando il Presidente statunitense George Bush Jr rese pubblica la decisione degli Stati Uniti di attaccare l’Iraq preventivamente e senza l’appoggio unanime da parte delle Nazioni Unite nessuno avrebbe potuto prevedere la portata delle conseguenze che si sarebbero verificate nel mondo occidentale a livello sociale, morale, politico ed economico. La sua insistenza nel giustificare un intervento militare preventivo attraverso una retorica basata sui concetti opposti di male/bene e libertà/dittatura ha permesso agli Stati Uniti di ottenere l’appoggio formale di vari governi, inclusi alcuni governi europei.
L’unica opposizione netta all’intervento statunitense in Iraq fu data a livello sociale il 15 febbraio 2003, quando 789 città in 72 paesi organizzarono la più grande partecipata protesta della storia del dopoguerra. Nonostante la manifestazione fosse contro l’intervento militare statunitense e britannico, alcuni filosofi europei tra cui J. Habermas e J. Derrida teorizzarono una presa di posizione morale da parte dell’opinione pubblica mondiale.
Questo elaborato ha lo scopo di analizzare le ripercussioni che le manifestazioni del 15 febbraio 2003 hanno avuto a livello materiale e concettuale internamente all’Unione Europea, e le loro conseguenze sulle relazioni Transatlantiche. Partendo dalla guerra in Iraq, verrà fatto uno studio sulla retorica statunitense di guerra giustificata e di democrazia, e dell’impatto che essa ha avuto in Europa, in particolare a livello sociale e filosofico. L’elaborato tratterà della risonanza che il movimento Stop the War ha avuto nelle istituzioni europee, con l’obiettivo di dare una descrizione più chiara del contesto di distacco ideologico tra Europa e Stati Uniti avvenuto negli anni 2000. Infine, a partire dall’osservazione della situazione dopo 20 anni si cercherà di inquadrare l’eredità del dibattito europeo sull’intervento e sulla retorica statunitense in Afghanistan e in Iraq.