Abstract:
Dagli anni dieci del duemila si può notare una sempre maggiore diffusione di musei di piccole dimensioni. Lo scopo di questa tesi è dimostrare come questa piccola museografia sia il sintomo di un cambiamento nella percezione della narrazione della storia in cui, mediante un mutato approccio all'oggetto, si vuole lasciare spazio a una realtà composita costituita di individualità ordinarie. L’oggetto esposto è qui considerato non più come cimelio/reliquia, ma come testimone, luogo in cui differenti biografie si stratificano nel tempo. Lo scopo della visita non vuole più essere la comprensione e memorizzazione di nozioni, ma si cerca un maggiore coinvolgimento emotivo. Per far questo il museo viene riportato a dimensione umana, permettendo al visitatore di avere un'esperienza più intima e lenta con gli oggetti. L’obiettivo è narrare delle storie che possano risonare in ognuno dei visitatori e gli oggetti fungono da amplificatori di questa risonanza.
Il caso di studio esposto, il War Childhood Museum di Sarajevo tratta il tema dell’infanzia di guerra, mediante storie e oggetti, celebrando prima di tutto la vitalità e resilienza dei bambini. Promuovere una storia senza eroi e senza simboli in una terra dove le narrazioni etno-nazionali hanno causato morte e distruzione, è una forte dichiarazione anche politica. Una storia intesa come tessuto di racconti intimi e ordinari può essere un potente mezzo per conciliare le ancora divise memorie della Bosnia ed Erzegovina.