Abstract:
Il presente lavoro si propone di analizzare il frastagliato e in continua evoluzione quadro delle fonti di soft e di hard law regolamentanti i contratti di vendita online e di fornitura di contenuto digitale. In un mondo ab origine connotato dall’assenza di regole di governo, al cospetto di un guazzabuglio di tasselli normativi stratificati su più livelli e di ambiziosi progetti a largo raggio con deludenti esiti fallimentari, l’interprete è costretto compiere un collage tra i differenti profili disciplinati da ognuna delle quattro principali coordinate di riferimento. All’ormai anacronistica E-Commerce Directive 2000/31/CE su responsabilità degli ISP ed obblighi informativi e alla Consumer Rights Directive 2011/83/UE su ius poenitendi, informativa precontrattuale, consegna dei beni e passaggio del rischio, si affiancano le direttive gemelle nn. 770 e 771 del 20 maggio 2019, elementi strutturali di fondamentale importanza nell’edificazione di uno dei tre macro-pilastri volti a sorreggere l’impalcatura Digital Single Market Strategy e frutto di un travagliato iter legislativo. Esse abrogano la Consumer Sales Directive 1999/44/CE e conducono ad un’armonizzazione tendenzialmente massima ma di fatto “a macchia di leopardo” i profili ivi oggetto di armonizzazione minima (conformità al contratto di beni e contenuti e servizi digitali, rimedi fruibili da parte del consumatore in caso di difetto di conformità e loro modalità di esercizio), nell’ottica di elargizione al contraente debole di un più ampio ombrello di tutela. Per vagliarne adeguatezza e completezza occorrerà sondare in chiave olistica le loro declinazioni in sede di recepimento nei diversi ordinamenti e le risposte giurisprudenziali a fronte di controversie.