Abstract:
Questo scritto intende indagare in che modo la letteratura di Tawada Yōko sia performativa, nel senso in cui trasforma la realtà con i suoi romanzi. Attraverso un’analisi di quegli elementi che secondo noi concorrono a creare una letteratura performativa, ovvero un abile utilizzo dell’espediente fittizio e l’uso preponderante di un linguaggio straniante, proveremo a dimostrare in che modo Tawada sviluppi con la sua letteratura un modo di vedere la realtà e la finzione non più in un’ottica dualistica, bensì in un’unione in grado di abbracciare ogni aspetto del reale. Principalmente attraverso le teorie elaborate da Kim e Matsumoto, andremo a rilevare quanto due romanzi di Tawada, Kentōshi e Memorie di un’orsa polare, svolgano una fuzione performativa sulla realtà, attraverso la loro presa di posizione all’interno del dibattito ambientale, che suggerisce un ruolo della letteratura non più fine a se stessa, ma come corpo vivo. Per quanto riguarda il linguaggio straniante dell'autrice, numerosi studi sono stati utilizzati per sostenere quanto la decostruzione del linguaggio sia il passaggio fondamentale per una fase che però è volta al superamento di una visione pessimista dell’atto comunicativo in sé. La teoria di Tanikawa dimostra la performatività del linguaggio letterario di Tawada, che è illocutorio nel senso linguistico del termine, introdotto per la prima volta da John L. Austin in filosofia del linguaggio, e indica propriamente la forza agente che possiede un enunciato. La scrittrice giapponese ha dimostrato che possiamo e dobbiamo poter contare ancora sul linguaggio, per quanto disseminativo esso sia, al fine di essere testistimoni di una nuova letteratura, viva e non più confinata a mera autoreferenzialità.