Abstract:
Il ritardo industriale dell’Italia all’inizio del ventesimo secolo fece si che lo sviluppo del settore produttivo avvenisse in maniera peculiare rispetto ai paesi più avanzati del nord Europa. Di conseguenza, la rincorsa forsennata all’industrializzazione nei primi anni del ventesimo secolo ha forzato i ritmi di crescita delle aree industriali del nostro paese. Molte superfici agricole hanno profondamente mutato il loro volto, trasformandosi in immense zone produttive; tra queste troviamo l’area di Porto Marghera. La nascita dell’area portuale e chimica mutò notevolmente la strategia economica del territorio veneziano. Da città dedita al rafforzamento dei commerci verso l’oriente ed i suoi mari, Venezia spostò la propria attenzione verso l’Europa abbandonando la strategia neo-insulare che aveva perseguito per secoli. Il processo d’industrializzazione dell’area fu possibile grazie all’unione tra finanziamenti del grande capitale industriale-finanziario e l’intervento dello stato. Questo tipo di investimento con partecipazione statale si rivelò efficace per l’insediamento industriale nell’area di Marghera. Grazie anche all’aiuto di figure chiavi quali Giuseppe Toeplitz, uno dei capi della banca commerciale che si occupava di investimenti nell’industria chimica Montecatini ed a Giuseppe Volpi che già prima della nascita di Porto Marghera diede vita alla Sade, nacque il polo industriale di Porto Marghera. Lo sviluppo dell’area durante gli anni del fascismo, lo fece diventare uno dei poli industriali di maggiore importanza in Italia. Successivamente, i bombardamenti avvenuti durante la seconda guerra mondiale, fermarono la solida fase di espansione del polo stesso.
A guerra finita, ingenti investimenti diedero impulso all’insediamento delle industrie chimiche a Porto Marghera. Iniziò così una nuova primavera per il comparto industriale dell’area. Durante gli anni ’70-’80 si fece avanti invece, una fase di declino, dovuta anche al trasferimento di intere filiere chimiche all’estero, soprattutto verso paesi ricchi di materie prime utili alla chimica di base. L’abbandono del territorio da parte delle industrie, portò con sé, oltre che il notevole disagio occupazionale anche il problema dell’impatto ambientale che la dismissione di tali aree portava con sé. Dalla fine degli anni ’90 ad oggi, il polo industriale, risentito dalla crisi della chimica di base in Italia, ha preferito concentrare i propri investimenti per trasformare l’intera area in zona prettamente portuale. Il nuovo business su cui i dirigenti industriali vorrebbero puntare sarebbe infatti quello della logistica e della movimentazione di merce; infatti vari progetti in cantiere tra quali il porto off-shore davanti a Malamocco lo testimonierebbero.
La tesi ha lo scopo di analizzare tutte le fasi che sono intercorse tra la nascita, lo sviluppo ed il declino di Porto Marghera, con l’obiettivo di esaminare quali cambiamenti socio-politici siano avvenuti per ciascuna fase in ambito territoriale e nazionale. In seguito, la tesi si concentrerà sulle soluzioni ed i nuovi progetti proposti per il risollevamento dell’area industriale di Porto Marghera, con particolare attenzione verso il nuovo progetto di creazione dell’area off-shore di Venezia. In ultima analisi, il lavoro verterà sulla comparazione del sistema portuale di Rotterdam con quello di Porto Marghera, esaminando quali siano state le politiche attuate dal governo per rianimare l’area depressa del suddetto porto olandese e cercando elementi di analogia con le proposte avanzate per Porto Marghera.