Abstract:
Questo progetto ha come oggetto i principali cantieri artistici della basilica di Sant’Antonio a Padova tra il 1830 e il 1940 circa: oltre cent’anni di cantieri quasi ininterrotti, lungo cui è possibile studiare importanti cambiamenti nel gusto.
Il “palinsesto antoniano” in quegli anni è infatti al centro di una vera e propria “rilettura” storicistica, ad opera di alcuni personaggi chiave fra i quali sono stati menzionati, approfondendo il loro ruolo, Pietro Selvatico, Valentino Schmidt, custode della basilica per 37 anni, ebanista ed esperto in tema di restauro, gli architetti Federico Berchet e Carlo Barberi, e che trova culmine nell’intervento boitiano del 1895. Gli interventi di Boito, qui ampiamente descritti e analizzati, crearono la necessità inderogabile di procedere alla decorazione pittorica dell’edificio. A questo proposito la Veneranda Arca, ente deputato alla salvaguardia dei beni della basilica, si avvalse dell’opera di artisti come Lodovico Pogliaghi, Biagio Biagetti, Ludovico Seitz, Achille Casanova, Adolfo De Carolis, Ubaldo Oppi: nomi che contribuirono a rendere emblematica l’esperienza della fabbrica antoniana come una delle più prolifiche nell’Italia postunitaria. Lo studio si basa sull’integrazione tra documenti, disegni e progetti relativi ai cantieri, rinvenuti presso l’archivio antoniano. Si analizza la stratificazione operativa e culturale intervenuta in Basilica fra XIX e XX sec. e si confronta la realtà padovana con quelle di altre “fabbriche” nazionali, inserendole nel dibattito tra artisti e clero su temi e modalità di rappresentazione dell'immagine religiosa. Il “caso antoniano” è stato dunque studiato, come emblema di cantiere artistico: vera e propria “scuola” per generazioni di artisti e mezzo privilegiato per la trasmissione di competenze procedurali e di uno “stile nuovo europeo”.