Abstract:
L’obiettivo di questo elaborato è tracciare un’analisi della rappresentazione delle figure femminili all’interno della raccolta Otona no tame no zankoku dōwa (大人のための残酷童話, Fiabe crudeli per adulti, 1984) di Kurahashi Yumiko. Il corpo centrale della tesi è formato da tre capitoli, rispettivamente dedicati all’analisi delle fiabe Ningyo no namida (人魚の涙, Le lacrime della sirenetta, ispirato a La sirenetta di Hans Christian Andersen), Shirayuki hime (白雪姫, Biancaneve, ispirato all’omonima favola dei fratelli Grimm) e Aru koi no monogatari (ある恋の物語, Una storia d’amore, ispirato alla fiaba Barbablù di Charles Perrault e al mito di Eros e Psiche). In particolare si cercherà di raffrontare le tematiche delle fiabe originali con le rispettive riscritture di Kurahashi alla luce di un saggio scritto dall’autrice nel 1960 intitolato Watashi no ‘daisan no sei’ (私の「第三の性」, Il mio ‘terzo sesso’), basato sull’opera Le Deuxième Sexe (Il secondo sesso) di Simone de Beauvoir, in cui Kurahashi espone le sue idee riguardo alla condizione della donna.
Lo scopo della ricerca è dimostrare come l’autrice riesca, attraverso la sua rielaborazione dei personaggi femminili, a superare, nella sua narrativa, quella che veniva considerata la canonica divisione fra i generi nella società giapponese dell’epoca: una retorica che vedeva ancora le donne come “buone mogli e sagge madri”, come proposto dagli slogan promulgati dal governo Meiji. Una visione maschilista che ha continuato a permeare la società giapponese anche negli anni di produzione artistica di Kurahashi, nonostante i tentativi di riforma nel secondo dopoguerra e le lotte per raggiungere l’emancipazione femminile.
Il mio scopo è dimostrare come l’autrice riesca, attraverso la sua rielaborazione dei personaggi femminili, a superare, nella sua narrativa, quella che veniva considerata la canonica divisione fra i generi nella società giapponese dell’epoca: una retorica che vedeva ancora le donne come “buone mogli e sagge madri”, come proposto dagli slogan promulgati dal governo Meiji. Una visione maschilista che ha continuato a permeare la società giapponese anche negli anni di produzione artistica di Kurahashi, nonostante i tentativi di riforma nel secondo dopoguerra e le lotte per raggiungere l’emancipazione femminile.