Abstract:
La mia tesi analizza a fondo la presenza, all’interno del romanzo enciclopedico Infinite Jest di David Foster Wallace, di elementi di teoria del cinema di matrice lacaniana. In essa dimostro, sulla base della mia ricerca d’archivio, la presenza di un incanalamento consapevole da parte di Wallace nel suo romanzo di teorie del cinema attenenti alla corrente psicanalitica degli anni ’70 (Laura Mulvey, Metz, Baudry, etc.), la quale corrente, fondendo Lacan e Althusser, portava avanti una visione pessimistica del cinema come apparato ideologico generatore di soggettivazione. Inoltre analizzo il romanzo utilizzando strumenti affini alla nuova corrente di teorici lacaniani degli anni ’90, ai quali la sensibilità di Wallace è più vicina, giacché, diversamente dai primi, essi rileggono l’approccio psicanalitico alla teoria del cinema alla luce del ‘reale’. Il fulcro della mia tesi, che è tripartita secondo la triade lacaniana (immaginario-simbolico-reale), è una lettura secondo cui Infinite Jest ritrae un apparato ideologico di potere che ingloba al suo interno armi che appartengono sia all’immaginario (attraverso la pervasività della cultura dello spettacolo) che al simbolico (attraverso l’ alienazione nell’autocoscienza), e al contempo tende a una via d’uscita verso il reale attraverso una tematizzazione (e un impiego letterario) dello “sguardo” inteso in senso lacaniano, ovvero come ciò che resiste alla possibilità dell’ideologia di rappresentare e significare tutto.