Abstract:
Attualmente più di quaranta pellicole giapponesi e straniere sono state prodotte ispirandosi a una delle opere dello scrittore giapponese Tanizaki Jun’ichirō (1886-1965). Il presente lavoro intende analizzane un romanzo in particolare, “Manji” (pubblicato in italiano come “La croce buddista”, traduzione di Lydia Origlia) e due trasposizioni cinematografiche: la prima è il libero adattamento del 1985 della regista italiana Liliana Cavani (1933-) “Interno Berlinese”; la seconda è l’omonimo film del 1964, “Manji”, del noto regista giapponese Masumura Yasuzō (1924-1986). Lo scopo è di paragonare i due lungometraggi all’opera originale per evidenziarne i tratti in comune e le differenze, in modo particolare le modalità attraverso cui due registi provenienti da culture diverse hanno saputo trasporre a modo proprio la stessa storia.
Il lavoro si suddividerà in quattro fasi. La prima prevede l’analisi dell’opera letteraria in tutte le sue sfaccettature. La seconda sarà dedicata al rapporto tra letteratura e cinema, alla relazione che legava lo stesso Tanizaki alla settima arte e al cosiddetto concetto di “fedeltà” di un film al libro da cui trae ispirazione. Il terzo e quarto capitolo, infine, saranno dedicati rispettivamente all’analisi dei due film sopra citati. Lo scopo di questo lavoro non è di esaltare una trasposizione rispetto all’altra, né di elevare la letteratura ad arte superiore rispetto al cinema e viceversa. L’idea è di presentare la stessa storia, narrata non solo attraverso due mezzi comunicativi molto diversi tra loro, il romanzo e il film, ma anche da punti di vista differenti e lontani a livello geografico, culturale, temporale e storico.