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La presente tesi di laurea si propone di approfondire il samizdat: il fenomeno di auto pubblicazione clandestina di opere dattiloscritte, che si sviluppò nel periodo che va dalla fine del disgelo chruščëviano al periodo della perestrojka. Molti sono gli studi che gli sono stati dedicati e in questa tesi di laurea si intende approfondire tale fenomeno, fornendo una panoramica sulla grande varietà di materiale che circolava clandestinamente. Nel primo capitolo si descrive il contesto storico e culturale all’interno del quale il fenomeno del samizdat va ad inserirsi, dedicando una parte significativa al periodo della stagnazione, in quanto proprio in quel ventennio il fenomeno culturale dell’autoedizione vide il suo apice. Questo periodo fu pieno di contraddizioni poiché, se da un lato pratiche ormai consolidate e appartenenti a periodi precedenti continuavano ad essere utilizzate da parte del CC, dall’altro emergeva una nuova possibilità espressiva, indipendente da quella ufficiale, nata nel “sottosuolo” e che si diffondeva nelle file dell’intelligencija. Nel secondo capitolo proveremo a spiegare come funzionava il complesso organo censorio, le istituzioni alle quali si legava, ossia il Glavlit (Direzione generale per gli affari letterari ed editoriali), la polizia segreta e le Unioni artistiche. La censura era stata sempre presente nella realtà russa, non solo sovietica, ma anche zarista, in quanto alla parola si attribuiva molta importanza, poiché essa era portatrice di idee e valori, ancora di più nel periodo sovietico dove la tipologia di governo monopartitica rendeva necessario uno stretto controllo di tutte le forme espressive. In seguito al periodo del disgelo la censura si inasprì molto, ma paradossalmente questa situazione permise lo sviluppo del fenomeno del samizdat (fenomeno dell’autoeditoria clandestina), e dei suoi fenomeni paralleli il tamizdat (la pubblicazione all’estero senza sottoporre i materiali al vaglio della censura), e il magnitizdat (le registrazioni magnetofoniche di canzoni di bardi, che trattavano spesso temi scomodi come le repressioni e i campi di lavoro). Il terzo capitolo è dedicato proprio a questi argomenti: come si diffondeva l’opera samizdat, chi la copiava, chi la leggeva e come sfuggiva al controllo della censura e ai continui attacchi del KGB. Il samizdat sviluppò intorno a sé un sistema ben organizzato, vennero fondate riviste, almanacchi, periodici, bollettini informativi; ciò si rese necessario per dare una regolamentazione al processo di riproduzione clandestina dei testi. La rivista era il mezzo privilegiato all’interno della quale un testo autoprodotto entrava in rapporto con la cultura stessa generando una pluralità di interventi. Bisognerà attendere la perestrojka per vedere il samizdat, il tamizdat e il magnitizdat legalizzati, si trattò del tentativo di coinvolgere l’intelligencija all’interno dei capovolgimenti che il paese stava attraversando, ma l’intervento di Gorbačëv fu tardivo e non fu visto di buon occhio dalla maggior parte degli intellettuali, i quali attendevano un cambiamento, ma non ne avevano ancora una chiara consapevolezza. Il quarto capitolo è dedicato al caso dell’almanacco letterario Metropol’ che si verificò nel 1979, anno nel quale la morsa della censura sembrava essersi alleggerita, nonostante ciò l’azione dei redattori dell’almanacco fu vista come un atto di sfida nei confronti degli organi di governo, nonché una minaccia e per questo motivo l’attacco della censura, condotto dall’Unione degli scrittori, fu piuttosto forte. Il caso dell’almanacco viene preso in esame per approfondire le funzioni censorie esercitate dall’Unione degli scrittori. |
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