La Verdeutschung der Schrift è il culmine della simbiosi ebraico-tedesca. Nata dallo sforzo comune di due personalità tra le più note nella Germania degli anni Venti, Martin Buber e Franz Rosenzweig, la Verdeutschung si realizza nella collaborazione tra i due negli anni dal 1925 al 1929 e, fino al 1961, nel seguito da parte del solo Buber, tra la Germania e la Palestina. Partendo da un’analisi del contributo dei due pensatori alla ridefinizione dell’ebraismo tedesco nella fase post-assimilatoria, lo scritto procede a evidenziarne la confluenza dei percorsi nella traduzione della Scrittura. Traduzione che è punto d’arrivo della “Jüdische Renaissance”, di un ebraismo ripensato secondo criteri nuovi, dalla ricostituzione di una dimensione estetica fino al recupero del concetto di etnicità. Il lavoro evidenza l’affinità, più spesso la totale coincidenza, di queste istanze nuove con il bagaglio concettuale della völkische Bewegung, ripercorrendo le tappe di una polemica sorta all’apparire del primo volume della Verdeutschung tra i traduttori e alcune figure di spicco dell’intellettualità ebraico-tedesca (Siegfried Kracauer, Gershom Scholem, Walter Benjamin). Lettori-recensori che nel testo vedono il prodotto coerente dell’idea neoromantica e völkisch. Dopo aver richiamato i termini di questa controversia, il percorso di analisi confluisce nel testo, evidenziando, su passi specifici dalla Genesi e dall’Esodo, il prevalere del discorso völkisch. Un percorso che vede nella Verdeutschung l’esito naturale del pensiero e dell’azione di entrambi i traduttori. Di Buber come mediatore e divulgatore, in Europa, della mistica chassidica e teorico di un ebraismo nuovo nei discorsi di Praga. Di Rosenzweig come iniziatore e organizzatore di un progetto educativo ampio e articolato, un progetto che, centrato sul “Freies Jüdisches Lehrhaus” di Francoforte, mira a recuperare l’ebraismo tedesco alla consapevolezza di sé.
The Verdeutschung der Schrift is the peak of the German-Jewish symbiosis. The translation of the Bible from Hebrew into German was jointly done by Martin Buber and Franz Rosenzweig and, after the latter’s early death in 1929, brought to conclusion by Buber forty years later in 1961, in Palestine. Starting from an analysis of the translators’ contribution to a redefinition of German Judaism in the post-assimilationist period, this work moves on to underline the convergence of their paths in the translation of the Scripture. A translation which is the pivotal point of the “Jüdische Renaissance”, the idea of a Judaism reconfigured on new criteria, from the recreation of an aesthetic dimension to the rediscovery of ethnicity. This work underlines the similarity, if not the total coincidence, of this ideas with the conceptual framework of the völkische Bewegung, and reconstructs the heated debate aroused by the first reviewers of the translation, some of the most important figures of German-Jewish intellectual life (Siegfried Kracauer, Gershom Scholem, Walter Benjamin). These readers consider the text to be the coherent outcome of a neoromantic and völkisch ideology. After having pointed out the terms of this controversy, the analyis moves towards the text itself and shows, through precise examples from the books of Genesis and Exodus, a prevailing völkisch tone. The Verdeutschung is seen as the natural result of the thought and action of both Buber and Rosenzweig, the former being the mediator of Chassidic mysticism in Europe and the theoretician of a rediscovered and reshaped Judaism in the Prague speeches, whereas the latter stands out as the organizator of a wide and articulated cultural and educational project. A project which, centred on the “Freies Jüdisches Lehrhaus” in Frankfurt, aims at recovering German Jews to the consciousness of their identity.