Abstract:
Niva Lorenzini, nel 2009, chiese ad Andrea Zanzotto: «Qual è il tuo autore di sempre? Il ‘miglior fabbro’ che ha segnato il tuo percorso di scrittura e in cui ti riconosci ancora oggi?». Il poeta di Pieve di Soligo rispose: «Non avrei dubbi nel riconoscere il mio ‘miglior fabbro’ nel miglior fabbro stesso dell’indicazione eliotiana, cioè in Dante». Zanzotto sceglie con risolutezza Dante come modello e guida. Da questo spunto, quindi, nasce il desiderio di avviare un’analisi delle opere zanzottiane per individuare le citazioni e le allusioni dantesche nascoste tra i versi, privilegiando, a differenza di quanto si è fatto sinora, le prime sillogi. Si tratta di un terreno ancora insondato dalla critica e dunque questo lavoro vuole essere soltanto un punto di partenza rispetto a un’auspicabile esegesi accurata delle numerose liriche composte da Zanzotto nell’arco della sua vita. Tale confronto intertestuale si basa essenzialmente su riscontri tematici e stilistici. Lo scopo è quello di mettere in luce come il poeta di Pieve intraprenda sin dalla giovinezza un dialogo esistenziale e letterario con Dante. La presenza di intersezioni con la traiettoria dell’opera dantesca, pertanto, non è indizio solo di come l’insegnamento del padre della lingua italiana sia radicato nella cultura letteraria occidentale, ma dimostra come Zanzotto assuma consapevolmente la Comedìa come metro di confronto. D’altronde la cifra dantesca emerge dalla vastità degli interessi culturali del poeta, dal pluristilismo linguistico che arricchisce la tastiera lessicale delle sue liriche e, infine, dalla speranza ‘paradisiaca’ nel ruolo salvifico della poesia.