Abstract:
Le recenti crisi economiche hanno pesato negativamente sui bilanci culturali e gli Stati hanno adottato soluzioni diverse per far fronte a tale problema. In America, dove prevale il modello del museo come istituzione privata, per evitare la chiusura di musei è stata vista come una delle possibili modalità di salvezza il deaccessioning, cioè la vendita delle opere d’arte appartenenti alle collezioni museali. Nonostante si tratti di una pratica sempre più diffusa, frequenti rimangono le critiche in merito; la paura è quella che attraverso la vendita delle opere d’arte venga meno la mission del museo, cioè la valorizzazione e la conservazione del patrimonio artistico. In Italia, invece, dove prevale il modello del museo istituzione pubblica, il deaccessioning non è mai stato considerato quanto in conflitto con la concezione stessa del museo. Il problema assume in primis caratteri legali; infatti, la dismissione permanente di beni artistici potrebbe non essere permessa dalla legge. Le raccolte dei musei, le pinacoteche, gli archivi e le biblioteche che appartengono allo Stato e ai sensi dell’art. 823 c.c., i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Nonostante non possa negarsi la scarsa reattività dell’amministrazione statale in merito, ci si domanda tuttavia se l’adozione del modello americano sia applicabile al nostro Paese.