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Le lingue sono come dei ghiacciai: anche se non hanno mantenuto la medesima
forma del passato, tuttavia mantengono e preservano in sé i 'detriti' di
ciò che hanno passato e superato. Per questo ritengo che confrontare
diversi ceppi linguistici sia il modo più efficace di rintracciare i percorsi
del pensiero, ed in particolare, i percorsi dell'ontologia. Nella fattispecie,
infatti, il mio intento era studiare il comportamento del verbo essere,
in quanto in esso si scorge il percorso del concetto dell'essere, ovvero
dell'ontologia stessa. Nel linguaggio ogni relazione è relazione di soggetto
e predicato. In quanto anche le forme più complesse di relazione sono riconducibili
al pensare e al dire che qualcosa è predicato di qualcosa, quella tra soggetto
e predicato rimane la forma fondamentale di relazione. Il linguaggio e il
pensiero sono sempre costituiti dall'affermazione che qualcosa è qualcosa.
Secondo Aristotele, dal momento che ogni verbo è riconducibile all'essere, il verbo di ogni logos è il verbo essere. Ma si può parlare di ontologia anche al di fuori del concetto greco dell'essere. L'affermazione dell'ambiguità
ontologica del linguaggio non metafisico risiede nel fatto che un linguaggio di questo tipo non include l'esplicitazione del profondo senso dell'essere. Il rapporto tra un linguaggio di questo tipo e il senso esplicitato dell'essere è quindi sempre un confronto tra due linguaggi diversi, e non un'interpretazione
di quel primo linguaggio. E nemmeno si può risalire al senso ontologico
implicito di un linguaggio a partire dalla sua semantica esplicita. Dal
momento che la semantica esplicita non è la semantica ontologica. Ciò che è esplicito, all'interno di un linguaggio non metafisico, è solo l'ambiguità del senso ontologico.
Nei ceppi linguistici indoeuropeo e semitico, entrambi parte dell'Occidente,
la fiducia nella creatio ex nihilo ha portato alla concezione e all'interpretazione di un essere metafisico che garantisca questa creatio (anche se nel ceppo
semitico c'è una distinzione tra i due verbi: l'essere di dio e l'essere
del creato, che invece nel ceppo indoeuropeo convivono nello stesso verbo
essere. Nella lingua cinese che, almeno nella sua parte scritta non è stato soggetta a modificazioni, i diversi significati dell'essere hanno anche
- diverse forme e questo dualismo tra essere fisico e metafisico si trasforma
in una molteplicita di forme a seconda della funzione specifica che esso
ricopre.
Languages are like glaciers: even if they have changed in the course of time, they retain and preserve Within themselves the 'drift' of whatever they have gone through and got past. For this reason I believe that a comparison between different language families is the best way to trace the developments of thought, and especially of ontology. In this case, my intention was to study how the verb 'to be' is used, as in its use one can detect the development of the concept of being, i.e. of ontology itself. Every relation in speech is a relation between a subject and a predicate. As even the most complex types of relationship can be reduced to the thought and statement that something is a predicate of something else, the relationship between subject and predicate is the most fundamental type of relation. Speech and thought are always informed by the assertion that something is something else. According to Aristotle, as every verb has a connection with being, in every logos the verb is the verb 'to be'. But it's possible to talk on ontology even setting aside the Greek concept of being. The assertion of the ontological ambiguity of all non-metaphysical language is based on the fact that such a language doesn't include the explicitation of being's deep meaning. The relationship between such a language and being's explicitated meaning is therefore always the outcome of a comparison between two different languages, not an interpretation of that former language. Nor can one trace the ontological meaning inherent in a language taking as a starting point its explicit semantics, because the explicit semantics isn't the ontological semantics. What is explicit in a non metaphysical language is only the ambiguity of the ontological meaning.
In the indoeuropean and Semitic language families, both part of the West, the belief in the the creatio ex nihilo has led to the conception and understanding of a metaphysical being who could guarantee this creatio (even though in the Semitic families there is a distinction between the two verbs conveying god's being and the being of everything created, which in the european languages are expressed by the same verb). In Chinese, which in its written form hasn't changed, the various meanings of 'to be' are expressed by different forms and this dualism between physical and metaphysical being is articulated in a variety of forms according to the specific function it fulfills. |
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