Abstract:
Le dinamiche del Secondo conflitto mondiale costituiscono ancora oggi un campo di esplorazione per molti storici; se da una parte è possibile affermare con certezza quelle che furono le cause dello scoppio del conflitto, dall’altra ci sono argomenti ancora scarsamente affrontati.
Dopo quattro lunghi anni di guerra sul territorio sovietico, che causarono la morte di decine di milioni di cittadini e la distruzione di città intere, i sovietici riuscirono a ribaltare la situazione e a sfondare il confine tedesco per dirigersi verso la «tana del lupo».
Animata da un forte sentimento di rivalsa, alimentato dalla propaganda di odio, l’Armata Rossa si macchiò di gravi crimini sulla popolazione civile ed in particolare sulle donne tedesche. Come preannunciato dal ministro della Propaganda nazista, i soldati di Stalin, violentarono un numero che oscilla da un centinaio di migliaia a due milioni di donne.
Per molto tempo il tema degli stupri è stato un tabù: l’impossibilità di screditare l’immagine dei «liberatori», la vergogna e l’umiliazione delle donne, il silenzio in nome del progresso impedirono alla storiografia tedesca di soffermarsi su tale argomento. Solo dopo la riunificazione della Germania, la fine della guerra fredda e i drammatici eventi che colpirono l’ex Jugoslavia, gli studiosi riesumarono il problema degli stupri di massa sovietici tentando di inserirli all’interno della logica di una “guerra totale” e analizzandone le funzioni simboliche, politiche e culturali.