Abstract:
La Cina è un territorio molto esteso nel quale si mescolano diverse etnie, lingue e culture: il cinese è da considerarsi dunque una famiglia di lingue. Il putonghua, noto come cinese mandarino, è una lingua appartenente a tale famiglia che, per motivi storici e politici, è diventata la lingua ufficiale della Cina. Le altre lingue della Cina non si possono quindi definire varianti regionali di una lingua standard, bensì idiomi linguisticamente paritari e indipendenti dal cinese mandarino. A tal proposito il termine fangyan方言, erroneamente tradotto con “dialetto”, può indicare varianti linguistiche, vernacoli tra loro incomprensibili o anche interi rami linguistici appartenenti alla famiglia delle lingue sinitiche (汉语系hanyu xi). Molti fangyan differiscono tra loro per un uso diverso della prefissazione e della suffissazione, altri per l’esistenza di fenomeni di flessione e di fusione che non trovano delle corrispondenze in putonghua.
Nella prima parte dell’elaborato verrà analizzato il dialetto parlato nel Dongbei, ovvero il Nord-Est della Cina. Lo stesso dialetto sarà successivamente oggetto di un’analisi comparativa con il putonghua.
Nella seconda parte si approfondirà il rapporto tra l’ uso del dialetto e l’evoluzione degli usi e costumi locali.
Nell’ ultima parte ci si soffermerà sull’analisi della Teoria Interpretativa della Traduzione, le cui massime esponenti sono Danica Seleskovitch e Marianne Lederer, note interpreti e traduttrici francesi.