Abstract:
Questo elaborato si propone di affrontare il “problema della problematizzazione” della malattia mentale in seguito all’introduzione del potere psichiatrico (e conseguentemente dell’antipsichiatria) nella Cina continentale.
La storia dell’introduzione della psichiatria in Cina è relativamente recente e alcune delle implicazioni più interessanti di tale fenomeno esulano dal campo medico. La psichiatria è stata utilizzata come instrumentum regni e ha beneficiato dell’attribuzione di poteri altrimenti destinati ad altri dispositivi di controllo sociale. Il “potere psichiatrico” valica i confini della struttura sanitaria e influenza la capacità dell’individuo di negoziare il proprio ruolo all’interno del contesto sociale cui appartiene. Parallelamente allo sviluppo di questa forma di potere disciplinare e in virtù della sua manifestazione si assiste alla nascita dell’antipsichiatria, un movimento culturale e scientifico atto ad elaborare strategie di resistenza interna alla psichiatria stessa.
Tale tendenza è riscontrabile anche nel sistema sanitario della Repubblica Popolare Cinese. Le istanze della follia hanno storicamente ricevuto risposte elaborate in seno a differenti campi del sapere. La malattia mentale è stata oggetto di ricerca e studio non solamente in ambito medico, essendo per sua stessa natura un fenomeno scarsamente intellegibile che riguarda la salute e l’integrità non solo del paziente ma dell’intera comunità di cui esso fa parte. Il problema della follia ha ricevuto le risposte più strutturate da chi si occupa di proporre un rimedio a una condizione che viene considerata come uno “stato di malattia” dal gruppo intersoggettivo di individui che costituisce un nucleo sociale più o meno ampio dal quale il sistema medico che offre le risposte viene ritenuto valido. Tale interessamento è stato condiviso da altri attori ed entità sociali esterni al campo del sapere medico.
La Medicina Tradizionale Cinese ha fornito una chiave di lettura sistematica al problema della follia con largo anticipo rispetto ad altri sistemi medici tra i quali quello “biomedico”, ovvero l’insieme di pratiche e conoscenze basate sull’osservazione clinica e sulla biologia molecolare sviluppatosi in Europa e negli Stati Uniti e oggi maggiormente diffuso. La specializzazione medica della psichiatria, intesa come l’insieme di pratiche e il discorso prodotti dalla biomedicina riguardo la malattia mentale, ha esercitato un’attrazione irresistibile anche in contesti ideologici, sociali e geografici differenti a quelli in cui si è storicamente sviluppata. La Cina non ha fatto eccezione.
L’elaborato si propone di affrontare nella sua prima parte una analisi delle pratiche adottate nei confronti della malattia mentale in seguito all’introduzione del potere psichiatrico (e conseguentemente dell’antipsichiatria) nella Cina continentale. Per perseguire tale scopo sono state utilizzate le cornici teoriche fornite dall’antropologia medica, dai Cultural Studies (in particolar modo parte preponderante dell’opera di Michel Foucault) e l’esperienza derivante da un lavoro condotto sul campo in Centri di Salute mentale e case di auto mutuo aiuto. Tali centri vengono creati, organizzati e gestiti in virtù delle convinzioni che sono alla base del movimento antipsichiatrico.
Nella seconda parte dell’elaborato vengono analizzate due delle manifestazioni che possono essere considerate frutto del contrasto tra potere psichiatrico e antipsichiatria: l’articolo di legge entrato in vigore in Cina nel maggio del 2013, che ridefinisce il ruolo del malato mentale nella società e ne rafforza i diritti fondamentali, e l’apertura sperimentale di strutture deputate sia alla presa in cura del paziente sia alla prevenzione sul territorio.