Abstract:
Il mondo agricolo si è sviluppato ed è cambiato in maniera rapida e vertiginosa negli ultimi Settant’anni. Si è passati da un’economia di sussistenza ad una industrializzata. Si è proceduto con la privatizzazione delle attività rendendole dipendenti dalle grandi holding finanziarie e le loro filiere di produzione da un lato e dell’altro dalla necessità di manodopera sia specializzata che bracciantile. La legislatura che regola l’attività agricola e industriale nel nostro Paese delega tutta la responsabilità alle regioni le quali però hanno il controllo diretto del ramo agricolo ma vengono parallelamente controllate dallo Stato e dall’UE per la attività ad essa connesse, come la lavorazione, la commercializzazione, l’acquisto di fertilizzanti e sementi. Si ha quindi un conflitto che ricade sull’anello più debole della catena: le aziende agricole. Per poter quindi far fronte alle spese e aumentare il capitale i datori di lavoro si affidano a dei caporali i quali fanno dello sfruttamento del bracciante la loro fonte di guadagno. Viene, quindi preso in considerazione il caso dei sikh nell’agro pontino in quanto sono una comunità strutturata che da un lato sopravvive sfruttata nei campi ma dall’altro è stata in grado di interagire con il contesto sociale in cui si è inserita annullando quella disparità tra rurale e urbano che negli ultimi decenni è stato il fulcro di innumerevoli segregazioni sociali.