Abstract:
Nell’ultimo decennio la produzione e l’utilizzo del biogas ottenuto dalla co-digestione anerobica di reflui zootecnici e biomasse agricole ha registrato un notevole incremento sul territorio nazionale, specialmente nelle regioni settentrionali. Nel mercato europeo l’Italia con circa 1200 impianti e 1000MW di potenza installata è soltanto seconda dopo la Germania. Il DM del 6 luglio 2012 incentiva la sostenibilità del processo anaerobico mediante la sostituzione di biomasse per uso alimentare con colture energetiche “no-food”, premiando l’immissione in rete o l’utilizzo per autotrazione del biometano prodotto, secondo il Decreto Biometano n°295/2013.
La presente tesi ha lo scopo di verificare l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale della filiera del biogas nel comparto agro-zootecnico analizzandone sperimentalmente due aspetti: 1) la fattibilità della sostituzione del silomais con colture alternative come elencate nel DM e 2) l'impatto ambientale del digestato come ammendante agricolo.
In merito al primo aspetto, sono state analizzate in termini chimico-fisici e di produzione di biogas (BMP) alcune colture elencate nel decreto ministeriale; Miscanthus x giganteus si è contraddistinto con una produzione specifica di 0,48 LCH4/gVS, maggiore rispetto ad Arundo donax (0.32 LCH4/gVS) e a Topinambur (Heliantus tuberosus) con e senza micorrize (0.19 e 0.30 LCH4/gVS rispettivamente).
Successivamente, al fine di valutare le rese di processo del Miscantus, è stato simulato su scala laboratorio un impianto in piena scala alimentato con deiezioni bovine e silomais, sostituendo gradualmente il silomais con il miscantus.
L’obbiettivo generale è quello di proporre una soluzione efficiente dal punto di vista energetico ed economico, risolvendo inoltre le problematiche di carattere etico e sociale. La produzione specifica media ottenuta sostituendo Miscanthus nel reattore lab-scale è simile a quella dell’impianto full scale con Silomais. L’utilizzo di Miscanthus consente di aumentare la redditività aziendale grazie ai maggiori incentivi rilasciati dalla normativa (un aumento di 20 €/MWh), inoltre si ha una riduzione dei costi di gestione solitamente legati alla coltivazione di energy crops tradizionali, essendo una coltura dalle ridotte esigenze idriche e di concimi, capace di crescere in terreni marginali e che consente più tagli della biomassa durante l’anno.
Il secondo aspetto trattato si inserisce all’interno del progetto “Valdige”, diretto dal dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova, finalizzato alla valorizzazione del digestato in agricoltura.
Nel progetto vengono quantificate le emissioni di CO2 dai suoli durante e dopo lo spandimento di digestato in relazione alla tessitura e alle precedenti lavorazioni subìte dal terreno. E’ stata quindi valutata la conservazione della fertilità dei terreni a seguito dell'applicazione agronomica del digestato, sostituendo così i fertilizzanti chimici, e verificati gli effetti su differenti colture energetiche (food e no-food) in termini di produzione di biomassa e caratteristiche morfologiche. Le misure effettuate con camera statica hanno evidenziato maggiori emissioni di CO2 nei primi giorni dopo lo spandimento (7245.4 mg/m2 h) rispetto a quelli seguenti (458.3 mg/m2 h) in relazione al notevole apporto di sostanza organica. Questo effetto però è compensato da un aumento della fertilità del suolo e dal mancato uso di fertilizzanti chimici, il cui processo produttivo comporta considerevoli emissioni di gas serra.