Abstract:
La crisi dell’Interdetto del 1606-1607, momento deflagrazione di secolari tensioni tra Venezia e il papato, ha riscosso un pressoché ininterrotto interesse storiografico. A partire da questa tradizione di studi e dai più recenti contributi sull’argomento, la presente ricerca intende interrogarsi sul ruolo giocato nei frangenti della crisi dalle terre sottoposte alla Serenissima, città e comunità rurali, oggetto particolarmente caro all’analisi storiografica sulle strutture sociali e politico-istituzionali dello stato marciano. La scelta di papa Paolo V di scomunicare la Repubblica e vietare la celebrazione dei sacramenti su tutti i suoi dominii in risposta a una legislazione ritenuta lesiva della libertà ecclesiastica, si riproponeva di sollevare i governati contro i governanti, il Dominio contro la Dominante, ponendo la Serenissima di fronte al concreto rischio di un collasso interno. La sanzione spirituale scelta dal pontefice, la dimensione di «guerra delle scritture» assunta dal conflitto nella sua fase matura, fecero dei sudditi della Serenissima degli interlocutori privilegiati per i principi in contesa, da obbligare ma anche da persuadere all’obbedienza. Il presente contributo intende analizzare le forme e le retoriche di quel dialogo a partire da documentazione inedita prodotta da quegli individui e istituzioni che ne furono i principali protagonisti. Particolare attenzione è stata rivolta ai rappresentanti delle comunità suddite operanti a Venezia negli anni a cavallo dell’Interdetto – nunzi e ambasciatori –, gli uomini incaricati di dar voce alle istanze delle comunità suddite e di presentarle al Principe.