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Lo studio tenta di interrogare l'esperienza di verità della fede, quale si presenta
nel pensiero di uno dei principali esponenti dell'attuale teologia protestante, che ha
elaborato l'istanza barthiana in chiave fenomenologico-ermeneutica assumendo come
motivo centrale la forza ontologica del linguaggio. Il focus è rappresentato dall'interesse
a far emergere la presenza della filosofia nell'elaborazione delle ragioni di una teologia
che si sviluppa in modo rigorosamente cristocentrico e che per questo si è attirata
critiche di fideismo.
Fin dalla prima pubblicazione il suo pensiero si caratterizza come discorso
ermeneutico che tenta di restituire l'esperienza della fede che proviene (come
proveniente) dalla parola di Dio e la sua istanza di verità nel linguaggio concettuale
della teologia senza tradirne la radicazione esistenziale e farsi discorso oggettivante.
Jungel ritiene di avere superato l'aporetica opposizione tra Barth e Bultmann che lo
studio ricostruisce a partire dalle origini dialettiche di entrambi - grazie al
riconoscimento, via Fuchs e Ebeling, dell'originarietà del linguaggio e della sua potenza
rivelativa (come linguaggio metaforico), che precede, appella e chiama in causa
l'esistenza e il pensiero. Dio è pensato come un evento di parola che "interrompe" e
chiama l'uomo ad esistere ma che si sottrae ad ogni appropriazione (che rimane
indisponibile) rimanendo sempre da interpretare.
Lo studio mostra che, se la teologia esplicita la verità della fede con ragioni
filosofico-ermeneutiche che risentono dell'esperienza del pensare heideggeriano, essa
rimane tuttavia ambiguamente prossima ad una teologia naturale, in cui Dio non è più
l'ente sommo della tradizione ontoteologica, bensì come parola la misura assoluta di
tutti i discorsi. Pur fornendo la riflessione sul linguaggio segnali contrari, permane
infatti un concetto di verità pensato sul paradigma dell'assolutezza, che risulta per la
teologia dall'assunzione dell'unicità di Cristo.
The reasons of theology. God, word, event in Eberhard Jungel's thought.
The present study makes an attempt to examine the truth experience of faith
as explained in one of the contemporary Protestant theology main exponent's
thought, that develops Barth's question through a phenomenological-hermeneutical
way by assuming the language ontological power as a central point. Its focus
consists to show philosophy presence inside the reasons elaboration of this theology,
which centers on Christ rigourously and for that it is charged with fideism.
Since Juengel's first publication, his own thought develops as a
hermeneutical speech which tries to report faith experience as coming from God's
word and its request for truth through theology conceptual language, without
betraying its existential root and becoming objectifing speech. Juengel holds that the
aporethical opposition between Barth and Bultmann is over - opposition which is
here reconstructed from the original dialectic positions of both all - because he
considers, via Fuchs and Ebeling, language as original, and having a revealing
power (as metaphorical language), which comes first, appeals, and calls existence
and thought to be in question. God is thought like a word event that "breaks off' and
calls the man to exist, but escapes from any appropriation (remaining no-available)
by being always to be expounded.
This study demonstrates that, if theology expresses the truth of faith through
philosophical-hermeneutical reasons that show traces of Heidegger's thought
experience (Jungel's request of a "more natural theology"), anyway it remains
ambiguously close to natural theology, in which God is no longer the superior being
of the onto-theological tradition, but as word He is the absolute measure for all the
speeches.
In fact, even if the discussion about language offers opposite signals, a truth
conception thought according to the paradigm of absoluteness remains as the
assumption of Christ's uniqueness, - what cannot be reinterpreted in a theology of
the Crucified. |
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