Abstract:
Tra la Riforma di Giovanni Gentile (1923) e la caduta del fascismo (1943-45) il mondo della scuola ebbe una forte connotazione classista e tradizionalista. Con la defascistizzazione dei libri di testo decisa dalla “Commissione Washburne” e l’affermazione della libertà dell’insegnamento nella Costituzione repubblicana si aprì una ricca riflessione sul ruolo della scuola nella democratizzazione del paese. Le diverse forze politiche intrattennero un dibattito acceso: la Democrazia Cristiana vedeva nella scuola una continuazione dell’opera educativa della famiglia e optava per il sostegno pubblico alla scuola privata e religiosa; le posizioni laiche e di sinistra premevano sui governi a guida Dc per la modernizzazione in senso pluralista, democratico e aconfessionale della scuola. L’avviamento al lavoro, la postelementare e la scuola media di preparazione al Ginnasio-Liceo e alla formazione superiore riflettevano una concezione della società che assegnava a contadini, proletari e borghesi destini predefiniti e immutabili. Gli insegnanti furono coinvolti nel dibattito: se i maestri elementari supplenti si esprimevano a favore di una continuità con il passato, altri, di formazione liberale e laica, furono promotori di un rinnovamento che sfociò nel 1962 nella nascita della scuola media unica. Dopo aver ricostruito questo dibattito la tesi si concentra sul lavoro e il ruolo educativo dell’insegnante muovendo dalla figura esemplare del vicentino Antonio Giuriolo, antifascista e partigiano che in pochi anni (morì infatti in combattimento nel 1944) e senza cattedra riuscì a diventare “maestro di libertà”, costruttore di democrazia e portatore di una nuova idea di scuola. Nella parte finale vengono analizzate le testimonianze di insegnanti del Vicentino di oggi con particolare attenzione al lavoro quotidiano, alla passione, ai successi e alle insoddisfazioni di una categoria che dal dopoguerra ad oggi ha vissuto, in termini di prestigio sociale, una parabola discendente.