Abstract:
La nostra ricerca assume come filo conduttore l'affermazione contenuta nelle lezioni di filosofia dello spirito del 1805-6 per cui «conoscere e riconoscere[Erkennen ist Anerkennen]». Se generalmente l'ambito di riferimento della teoria hegeliana dell'«Anerkennung» viene collocato nel campo pratico-morale, a nostro avviso la teoria hegeliana del riconoscimento e invece innanzitutto una risposta a problemi di teoria della conoscenza. In primo luogo delineiamo le conseguenze di tale prospettiva suH'epistemologia di Hegel, in particolare in riferimento alla questione dello scetticismo. Quindi mostriamo in che senso la concezione riconoscitiva della conoscenza consenta a Hegel di comprendere in modo unitario da un lato la conoscenza come esercizio di capacita naturali e la conoscenza come esercizio di capacita normative articolate socialmente, dall'altro 1'autocoscienza teoretica e 1'autocoscienza pratica. Nell'ultima parte dell'indagine valutiamo poi l'attualita di tale concezione alla luce del dibattito contemporaneo e infine delineiamo alcune caratteristiche che una teoria del riconoscimento dovrebbe soddisfare.
La nostra chiave di lettura emerge dalla ricostruzione dell'evoluzione del pensiero hegeliano in quell'arco di tempo in cui egli si e piu direttamente confrontato con la scepsi, cioe a partire dal 1797, dall'inizio del periodo francofortese - quando Hegel ha iniziato a interessarsi di questioni gnoseologiche - sino alla fine del periodo jenese, che inizia nel 1801 e si conclude nel 1807 con la stesura della Phaenomenologie.
La teoria del riconoscimento di Hegel fornisce in questo periodo una risposta unitaria al triplice problema scettico-moderno dell'accessibilita del mondo esterno, delle altre menti e della propria mente: l'evoluzione della capacita di riconoscimento istituisce unitariamente la possibilità del riferimento a se, del riferimento ad altri e del riferimento oggettivo. Cio accade nella misura in cui la teoria del riconoscimento e il filo conduttore di una critica alla teoria della conoscenza moderna e nello stesso tempo il punto di partenza per un approccio alternativo, in base al quale la conoscenza non procede dal soggettivo all'oggettivo, come nell'impostazione cartesiana che causa lo scetticismo moderno: conoscenza di se, conoscenza delle altre menti e conoscenza del mondo esterno sono connesse olisticamente e strutturate intersoggettivamente mediante le capacita cognitive di riconoscimento.
Nel periodo jenese Hegel sviluppa una strategia che puo essere riassunta nelle seguenti tesi: 1) Hegel naturalizza le questioni epistemologiche; 2) per far cio critica il fondazionalismo in quanto teoria della conoscenza empirica; 3) e in quanto teoria della giustificazione epistemica; 4) la critica al fondazionalismo si lega ad una critica della corrispondente teoria rappresentazionalista della percezione, rispetto alla quale Hegel delinea un modello alternativo di tipo pragmatico-interazionale; 5) cio si collega ad una critica delle teorie monologiche dell'autocoscienza e allo sviluppo di un modello esso stesso pragmatico-interazionale del sorgere del sapere autocosciente; 6) Hegel si serve dei tropi dello scetticismo antico da un lato per criticare la posizione epistemologica responsabile della scepsi moderna e dall'altro, in positivo, per definire, attraverso i tropi del circolo e della relazione, la struttura olistica e riconoscitiva della conoscenza e della razionalita; 7) Hegel sintetizza queste vedute in una teoria del conoscere in quanto riconoscere; 8) Hegel radica tale teoria nella sua Naturphilosophie e quindi formula una concezione che rende conto del rapporto tra riconoscimento naturale e riconoscimento spirituale di tipo normativo-concettuale.
L'analisi dello sviluppo della teoria della conoscenza hegeliana- svolta nella prima parte del nostro lavoro - è affrontata nel contesto di una ricostruzione della costellazione storicoargomentativa entro la quale è maturata. La costellazione rilevante per la nostra analisi è rappresentata dalla crisi scettica - innestata da autori quali Schulze, Maimon e Platner - che investe la galassia post-kantiana e all'interno della quale maturano le soluzioni idealistiche al problema della conoscenza. Attraverso l'analisi di riviste e autori con i quali Hegel entra direttamente o indirettamente in contatto - da Platner a Reinhold, Jacobi, Fichte e Schelling, sino a Hoelderlin, Sinclair, per arrivare a Zeender, Krug, Bouterwek e Werneburg e tra le riviste particolarmente i Beitraege di Fuelleborn e il Philosophisches Journal di Niethammer -è possibile delineare le diverse soluzioni che il problema scettico incontra, comprendere come in relazione ad esso si evolvano le concezioni dell'autocoscienza ed emerga per la prima volta il concetto stesso di 'interpersonalità', 'intersoggettività'. Si tratta inoltre, sempre nella prospettiva di allargare l'indagine sul fenomeno del riconoscimento, non riducibile a nostro avviso al campo pratico, di proporre un'inedita ricostruzione dell'evoluzione lessicale e concettuale dei diversi termini - Erkennen, Wiedererkennen, Recognition, Anerkennen attraverso i quali - nella tradizione filosofica cui Hegel fa riferimento - sono state indicate le diverse modalità del fenomeno del riconoscimento: riconoscimento di oggetti come reidentificazione percettiva; reminescenza a livello di teoria della memoria; riconoscimento di soggetti in quanto autoriconoscimento (appercezione) e attribuzione ad altri di intenzionalità; riconoscimento logico come riconoscimento della validità di una proposizione; riconoscimento morale nel senso di approvazione, accettazione di qualcuno come un soggetto autonomo o come un'individualità irripetibile. In particolare la nostra attenzione ricade sulla teoria della memoria come «recognitio» in Wolff e nella sua scuola, sulla concezione della «reconnaissance» in Bonnet, sulla «Recognition» kantiana e sulla teoria dell'«Anerkennen» in Ernst Platner. Questa indagine serve a mostrare la centralità del fenomeno del riconoscimento per la comprensione della struttura sia delle facoltà conoscitive inferiori sia delle facoltà conoscitive superiori. Ciò dovrebbe consentire di capire in che senso Hegel, assumendo come fenomeno guida il riconoscimento intersoggettivo, tenti di unificare le varie accezioni del riconoscimento entro una teoria della conoscenza in base alla quale «conoscere è riconoscere». D'altra parte questa indagine concettuale e lessicografica serve anche a portare in luce, in un modo inedito rispetto agli studi sull'Anerkennung, una costellazione problematica poco nota e l'influsso di alcuni autori, come Werneburg e Platner, le cui concezioni possono aver influenzato l'impostazione di Hegel.
Nella seconda parte della nostra indagine - dedicata ad una ricostruzione degli scritti jenesi pre-fenomenologici dedicati all'«Anerkennung» - diventa tematica la nozione di riconoscimento naturale, la cui centralità per la concezione hegeliana del riconoscimento non è stata ancora adeguatamente colta. La ricostruzione della teoria del riconoscimento naturale consente di valorizzare l'influenza di Schelling sulla comprensione hegeliana dell'«Anerkennung» - mentre la letteratura critica si concentra generalmente su Fichte. Analizzando la concezione dell'organismo animale sviluppata soprattutto nelle lezioni di filosofia della natura del 1803-4 si pone poi in luce come il fenomeno riconoscitivo sia individuato già al livello della riproduzione sessuale: a partire di qui Hegel pone i prerequisiti naturali per lo sviluppo della coscienza di sé. La categoria del riconoscimento naturale torna a presentarsi anche nell'analisi del mondo umano offerta nella filosofia dello spirito, ove investe l'amore sessuale, la riproduzione e l'educazione del figlio: il riconoscimento naturale è poi ciò a partire da cui Hegel sviluppa la sua teoria secondo la quale «conoscere è riconoscere». Il riconoscimento, in quanto medio dello spirito, è quindi un fenomeno cognitivo primitivo rispetto all'intersoggettività umana linguisticamente strutturata, ed è propriamente quella struttura cognitiva necessariamente presupposta all'istituzione di una soggettività autocosciente che si esprime linguisticamente: l'intersoggettività linguistica esplica varie modalità del riconoscimento, ma non ogni forma di riconoscimento è linguistica. La teoria evolutiva della conoscenza come riconoscimento è volta infatti a mostrare come, a partire da un piano di interazioni naturali, emergano relazioni riconoscitive di tipo sempre più complesso che vengono ad assumere una struttura universale e linguisticamente mediata. Con la nozione di riconoscimento spirituale Hegel indica appunto quell'insieme di relazioni normative che costituiscono l'infrastnittura dell'agire e che quindi mediano la formazione del sapere di sé autocosciente e articolato socialmente. Nelle lezioni di filosofia dello spirito del 1803-4 e del 1805-6 Hegel ricostruisce così la struttura riconoscitiva delle istituzioni sociali del diritto, del lavoro, dello scambio e quindi mostra che, entro una comunità strutturata politicamente, le interazioni diadiche (io-tu) sono mediate dal punto di vista universale del 'noi' incarnato in istituzioni nelle quali i cittadini devono potersi riconoscere e poter essere riconosciuti.
L'ultima parte del nostro lavoro affronta il problema di un'attualizzazione di alcuni aspetti emersi dalla concezione hegeliana del riconoscimento, in particolare in relazione alla teoria dell'autocoscienza. Prendendo le mosse dal dibattito storico e teorico che ha coinvolto alcuni tra i più autorevoli esponenti della filosofia tedesca contemporanea in merito alla questione dell'intersoggettività e all'eredità dell'idealismo tedesco, mostriamo come la teoria intersoggettiva del riconoscimento formulata da Tugendhat da un punto di vista linguistico-semantico, da Habermas da un punto di vista pragmatico e da Apel in chiave pragmatico-trascendentale, sia stata attaccata da parte di chi, come Henrich e Frank, sostiene che la spiegazione dell'intersoggettivita mediante il riconoscimento, non potendo sottrarsi ai paradossi dell'autocoscienza formulati da Fichte, presuppone ciò che deve spiegare. Pur senza abbracciare la soluzione proposta da Henrich e Frank - consistente nell'assunzione di una coscienza egologica e di una familiarità pre-riflessiva - riteniamo anche di accogliere una parte delle obiezioni di questi autori, nella misura in cui essi evidenziano i limiti di una concezione aprioristica (o quasi) dell'intersoggettività. Infine, analizzando la produzione dell'ultimo Habermas, di Honneth e di Brandom, proponiamo, come punto di partenza per una teoria dell'autocoscienza in termini di «Anerkennung», la concezione del riconoscimento naturale che abbiamo identificato in Hegel: solo una teoria che riesca a dare conto evolutivamente dell'unità di riconoscimento naturale e spirituale può rispondere in modo soddisfacente al puzzle posto dai paradossi individuati da Henrich e quindi riesce a non presupporre l'intersoggettività che deve spiegare. In conclusione cerchiamo di delineare alcuni requisiti che oggi - all'interno di una concezione pragmatica ed evoluzionista della conoscenza di tipo posthegeliano - una teoria del riconoscimento, in quanto teoria generale dell'interazione comunicativa che include come suo caso particolare la comunicazione linguistica, dovrebbe a nostro avviso soddisfare ed indichiamo conclusivamente una serie di studi provenienti da varie discipline biologiche, psicologiche e linguistiche, che possono costituire una base di partenza per la formulazione di una teoria di questo tipo.
Italo Testa
My research takes as its guiding thread the statement from Hegel's lectures on the philosophy of spirit of 1805-06, that «cognition is recognition[Erkennen ist Anerkennen]». Whereas, generally, the field of reference of the Hegelian theory of «Anerkennung» is taken to be the practical-moral sphere, in my view Hegel's theory of recognition is, first of all, a response to problems of the theory of cognition ["theory of knowledge", but in the present context I shall speak throughout of "cognition"]. In this perspective I delineate, first, the consequences of this position for Hegel's epistemology, in particular with reference to the question of skepticism. Then, I show in what sense the recognitive conception of cognition makes it possible for Hegel to comprehend unitarily, on one hand, cognition as exercise of natural capacities and cognition as exercise of normative capacities socially articulated, and, on the other hand, theoretical self-consciousness and practical self-consciousness. In the last part of my investigation I assess the topicality of this conception in the light of a number of contemporary debates; in conclusion, I delineate some of the characteristics that a theory of recognition ought to satisfy.
The gnoseological importance of this solution can be comprehended only if we reconstruct the evolution of Hegel's thought in that span of time in which he most directly tackles the issue of skepsis: that is, from 1797 - the beginning of his Frankfurt period - when he began to occupy himself with gnoseological questions, until the end of his stay in Jena, which begins in 1801 and concludes in 1807 with the writing of the Phenomenology.
In this period, in Hegel the theory of recognition furnishes a unitary response to the threefold skeptical issue of the accessibility of the external world, of other minds, and of one's own mind: the evolution of the capacity of recognition institutes unitarily the possibility of self-reference, reference to others and objective reference. This is possible to the extent that the theory of recognition is, as we shall see, the guiding thread of a critique of the modern theory of cognition and, at the same time, the point of departure for an alternative approach. From this point, cognition does not proceed from the subjective to the objective, as in the Cartesian formulation that gave rise to modern skepticism: cognition of self, of other minds and of the external world are holistically connected and intersubjectively structured by means of the cognitive capacities of recognition.
In the Jena period Hegel developed an epistemological strategy that can be summarized in the following theses: 1. Hegel naturalizes the epistemological questions; 2. to do so he critiques foundationalism qua theory of empirical cognition; 3. and qua theory of epistemic justification; 4. the critique of foundationalism is linked to a critique of the corresponding representationalistic theory of perception, with respect to which Hegel delineates an alternative
- pragmatic-interactional - model; 5. this, in turn, is linked to a critique of the monological theories of self-consciousness and to the development of a model - itself practical-interactional - of the rise of self-conscious knowing; 6. Hegel makes use of the tropes of ancient skepticism on one hand to critique the epistemological position responsible for modem skepsis, and on the other to define, in a positive sense, the holistic and recognitive structure of cognition and of rationality, through the tropes of the circle and of the relation; 7. Hegel synthesizes these epistemological views in a theory of cognition qua recognition; 8. Hegel roots this theory in his Naturphilosophie, thus formulating a conception that accounts for the relation between natural recognition and spiritual recognition of a normative-conceptual type.
The analysis of the development of the Hegelian theory of cognition- worked out in the first part of my study - is dealt with in the context of a reconstruction of the historicoargumentative constellation within which it matured. The constellation of importance for our analysis is represented by the skeptical crisis - triggered by authors such as Schulze, Maimon and Platner - that invested the post-Kantian galaxy, within which the idealist solutions to the problem of cognition matured. Through the analysis of journals and authors with whom Hegel came directly or indirectly into contact - from Platner to Reinhold, Jacobi, Fichte and Schelling, to Holderlin and Sinclair, concluding with Zeender, Krug, Bouterwek and Werneburg, and among the journals Fulleborn's Beitraege and Niethammer's Journal in particular - it is possible to map the various solutions proposed for the skeptical problem and see how it is in relation to this problem that the conceptions of self-consciousness evolve and the very concept of "interpersonality" - "intersubjectivity" - emerges for the first time. At the same time, pursuing my objective of broadening the investigation of the phenomenon of recognition, which in my view is not reducible to the field of practical philosophy, I propose a fresh reconstruction of the lexical and conceptual evolution of the various terms - Erkennen, Wiedererkennen, Recognition, Anerkennen - through which the various modalities of the phenomenon of recognition were indicated in the philosophical tradition to which Hegel refers: recognition of objects as perceptive reidentification; reminiscence on the level of theory of memory; recognition of subjects as self-recognition (apperception) and attribution to others of intentionality; logical recognition as recognition of the validity of a proposition; moral recognition, where "recognizing" generally means approving, accepting (more specifically, someone may be "recognized" as an autonomous subject and as a unique, genuine individuality). I focus in particular on the theory of memory as «recognitio» in Wolff and in his school, on the conception of «reconnaissance» in Bonnet, on Kantian «Recognition» and on the theory of «Anerkennen» in Ernst Platner. This investigation serves, on the one hand, to show how the phenomenon of recognition is central for a comprehension of the structure both of the lower and of the higher cognitive faculties. This ought to allow us to understand in what sense Hegel, taking intersubjective recognition as his leading phenomenon, attempts to reunite the various meanings of recognition within a theory of cognition on the basis of which «cognition is recognitions On the other hand, my conceptual and lexicographic investigation also serves to bring to light - in a new way with respect to the studies on Anerkennung - a hitherto unknown problematic constellation and the input of certain authors, such as Werneburg and Platner, whose conceptions may have influenced Hegel's approach.
The second part of my study - a reconstruction of the pre-phenomenological Jena writings dealing with «Anerkennung» - dwells on the theme of the notion of natural recognition, whose centrality for the Hegelian conception of recognition has not yet been adequately grasped. This reconstruction of the theory of natural recognition gives due weight to the influence of Schelling on Hegel's understanding of «Anerkennung» - while the critical literature has generally concentrated on Fichte. Analyzing the conception of the animal organism developed in particular in the lectures on the philosophy of nature of 1803-04 brings to light how Hegel already individuates the recognitive phenomenon at the level of sexual reproduction: it is from here that he posits the natural prerequisites for the development of consciousness of self. The category of natural recognition will present itself anew in Hegel's analysis of the human world in the philosophy of spirit, where it concerns sexual love, reproduction and child raising: natural recognition is, then, that on the basis of which Hegel develops his theory that cognition is recognition. Recognition, as a «middle» of spirit, is a cognitive phenomenon that is primitive with respect to linguistically structured human intersubjectivity; it is, properly, that cognitive structure which is necessarily presupposed by a self-conscious subjectivity that expresses itself linguistically: linguistic intersubjectivity expresses various modes of recognition, but not every form of recognition is linguistic. The evolutional theory of cognition as recognition is in fact designed to show how increasingly complex recognitive relations emerge from a basic level of natural interactions to take on a linguistically mediated and universal structure. With the notion of spiritual recognition Hegel indicates just that ensemble of normative relations that constitute the infrastructure of action and thus mediate the formation of socially articulated self-conscious knowing of self. In the lectures on the philosophy of spirit of 1803-04 and of 1805-06 Hegel thus reconstructs the recognitive structure of the social institutions of right, of labor, and of exchange, showing that, within a politically structured community, dyadic (I-you) interactions are mediated by the universal viewpoint of the "we" incarnated in institutions that can be recognized by citizens as their own and by which citizens can be recognized.
The last part of my work deals with the question of a renewal of certain aspects that have emerged from the Hegelian conception of recognition, in particular in relation to the theory of self-consciousness. Starting out from the historical and theoretical debate on the question of intersubjectivity and the legacy of German idealism in which some of the top names of contemporary German philosophy have been involved, I show how the intersubjective theory of recognition formulated by Tugendhat from a linguistic-semantic viewpoint, by Habermas from a pragmatic viewpoint, and by Apel in pragmatic-transcendental terms, has been attacked by those - such as Henrich and Frank - who maintain that the explanation of intersubjectivity in terms of recognition, not being able to extricate itself from the paradoxes of self-consciousness formulated by Fichte, presupposes that which it has to explain. Although I do not endorse Henrich and Frank's solution - consisting in the assumption of an egological consciousness and of a pre-reflective familiarity - I do sustain some of their objections, to the extent that they point out the limits of an aprioristic (or nearly aprioristic) conception of intersubjectivity. Then, analyzing the production of Habermas's latest period, of
A. Honneth and of R. Brandom, I propose, as the starting point for a theory of selfconsciousness in terms of «Anerkennung», the conception of natural recognition that we have identified in Hegel: only a theory that manages to evolutionally account for the unity of natural and spiritual recognition can satisfactorily respond to the puzzle posed by the paradoxes individuated by Henrich, and thus can avoid presupposing the intersubjectivity it has to explain. Finally, I seek to delineate some of the requirements that today - within a pragmatic and evolutional conception of cognition of a post-Hegelian type - ought in my view to be met by a theory of recognition, as a general theory of communicative interaction that includes linguistic communication as its case, and I indicate in conclusion a series of studies from various biological, psychological and linguistic disciplines, that can constitute a starting base for the formulation of a theory of this type.