Abstract:
Antigone, Penelope, Demetra e Diotima. Quattro figure femminili di cui il pensiero antico ci trasmette i tratti, attraverso racconti mitologici, tragedie e testi filosofici. Le loro rappresentazioni ci mostrano diverse sfaccettature del volto del femminile che la tradizione del pensiero occidentale ha eretto a modello. Ciascuna evoca intorno a sé un ampio dialogo che vede coinvolte, accanto a quella di Adriana Cavarero, letture interpretative in chiave filosofica, femminista, psicanalitica e letteraria. Antigone e Penelope ci parlano dell’esclusione, da parte della politica e della filosofia, delle donne e del corpo di cui diventano custodi. Due risposte diverse sono messe in scena: una dichiarazione pubblica di ribellione seguita dall’eroica rinuncia di vita e una pratica segreta di ricostruzione della propria dimora in cui anima e corpo si riallacciano in una singolare interezza. Ciascuna sceglie la propria strada, offrendo modelli diversi di interagire con il mondo politico dalla posizione di un femminile messo al margine. Demetra e Diotima, invece, rievocano, nella lettura di Cavarero, il momento di un matricidio filosofico operato nell’antichità. Il mito di Demetra simboleggia l’usurpazione del potere di generare prima inaccessibile, per sottometterlo ad un controllo esterno. Diotima dal canto suo, rappresenta l’appropriazione mimetica della capacità riproduttiva, da parte della filosofia. Quest’ultima ha al contempo disprezzato il corpo e privilegiato la contemplazione ascetica, ponendo a cifra dell’esistenza umana la morte al posto della vita. Ricostruire i volti di queste donne permette di ripensare il luogo del femminile per una filosofia capace di superare gli antichi dualismi, per un pensiero che ponga la vita a fondamento della condizione umana e infine per una politica che sappia ritracciare i propri confini.