Abstract:
La crescente disponibilità della Cina al confronto giuridico nei fori internazionali è una componente fondamentale del processo di socializzazione e integrazione del Paese nel sistema multilaterale. L'atteggiamento della Cina nei confronti dei tribunali e delle camere arbitrali internazionali ha subito nel corso degli ultimi decenni un'evoluzione nel segno di una progressiva, seppur circostanziata apertura. Il categorico rifiuto di riconoscere la giurisdizione delle corti internazionali su alcuna disputa ha lasciato il posto prima all'obbligata accettazione della competenza di tribunali commerciali e di corti per la risoluzione di dispute relative a investimenti esteri, come prezzo da pagare per l'integrazione economica, e poi a un trend di partecipazione positiva e assertiva, benchè selettiva, al confronto giudiziario internazionale, come mezzo efficace di tutela dei propri interessi nazionali e come canale di indirizzamento del decision-making su scala globale. La presente analisi isola, nella moltitudine di fattori all'origine di questa evoluzione, tre determinanti, complementari e osmotiche: il superamento culturale della tradizionale percezione confuciana della lite come momento di negazione violenta dell'armonia sociale; la volontà pragmatica, strumentale e aldilà di ogni giudizio di valore di servirsi di un dato sistema di regole legali per la difesa dei propri interessi nazionali nelle dispute tra Stati; la determinazione del Paese ad assumersi le responsabilità in termini di global governance che il suo peso economica comporta.