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L'oggetto della tesi è la fenomenologia della donazione di Jean-Luc Marion. Essa è articolata in tre capitoli:
1. l'ontologia del dono, ossia la questione fenomenologica della donazione;
2. la fenomenologia del dono, ovvero il dono tra teologia e fenomenologia;
3. la questione del «soggetto» e l'aporia dell'intersoggettività.
Il primo capitolo ha inteso ricostruire la genesi del concetto di donazione, sulla quale riposa l'impresa di ridefinizione e di rifondazione della fenomenologia compiuta da Marion. Si sono cercate le influenze più profonde e le contrapposizioni nei confronti degli autori di riferimento del Nostro: Husserl e Heidegger. Si è, così, constatato come la proposta fenomenologica di Marion si collochi all'interno e in continuità con il pensiero dei maestri della fenomenologia (trascendentale ed ermeneutica). In particolare, l'istanza centrale dell'itinerario speculativo di Marion, la donazione, coniuga la figura fenomenologica della Gegebenheit delle Ricerche Logiche di Husserl con il motivo dell'Ereignis heideggeriano. La scelta di tradurre la Gegenbenheit non con il neutro donnée (datità in italiano), ma con donation si rivela già una decisione concettuale, che designa l'apertura dell'orizzonte fenomenologico e la sua interpretazione (la sovrapposizione di dato e dono, secondo la polivalenza semantica del verbo donner, indicante sia il geben sia il gaben). Conducendo la Gegebenheit verso il concetto di donazione, Marion riceve l'eredità dell'es gibt di Heidegger, il quale ha introdotto la tematica del dono (Gabe) nella sua ontologia fenomenologica. La figura della donation è ritagliata sul modello della ritrosia di quell'Ereignis - l'ultimo nome dell'essere - che si dona e si abbandona, avanza e si ritira in favore dell'ente, al fine di lasciarlo essere, nella sua differenza con l'essere. Marion trasforma l'ente (étant) in donné (dato/donato) e, infine, il donné in don.
Raggiunta attraverso la radicalizzazione dell'operazione di riduzione, la donazione è elevata al rango di principio ultimo della fenomenologia e di figura estrema della fenomenalità: come l'essere dell'ontologia metafisica, essa è indubitabile, perché il negatore della donazione ne contraddice l'immediatezza fenomenologica : negando attraverso un dato, egli finisce per presupporre ciò che nega. La donazione è indefinibile, perché si trova all'origine di ogni definizione; inoltre, è universale, originaria, incondizionata, invisibile. Nel pensiero di Marion, la donazione diventa, pertanto, il nuovo assoluto, il nuovo fundamentum inconcussum di una fenomenologia che, a questo titolo, assume lo statuto di «filosofia prima».
Il secondo capitolo è dedicato alla problematica del dono. Sviluppando questa tematica ci s'imbatte in almeno tre possibili filoni:
- il dono come fenomeno simbolico e sociale in Mauss (Essai sur le don) e nella sua scuola (il MAUSS, Mauvement anti-utilitaire dans les sciences sociales, i cui esponenti principali sono Caillé, Godbout e Latouche). La riflessione antropologica e sociologica di questi autori considera il dono come il più potente fattore di coesione sociale e si oppone all'interpretazione egemonica del dono, in quanto movente economico al di sotto di ogni trasferimento di proprietà. Questi autori, che cercano di relativizzare l'elemento del calcolo e dell'interesse economico nella pratica del dono, rileggono le tematiche della gratuità e dell'obbigazione, del conflitto tra interesse egoistico e interesse per altri, della natura del legame tra questi aspetti, seguendo e dilatando la traccia offerta da Mauss nella nozione di obbligazione di libertà.
-l'impossibilità di una fenomenologia del dono in Derrida. Si è stabilito che il dono in Derrida si oppone all'economia, al motivo circolare dello scambio, all'idea del ritorno e del contraccambio, al calcolo dell'interesse e dell'utile, al circolo del debito e della restituzione, alla reciprocità del gesto di donare, alla simmetria delle parti in gioco, all'idea di ripristino dell'equilibrio iniziale. Il gesto del dono è intaccato da un'aporia radicale, da un'impossibilità assoluta: se esso si fenomenalizza come dono nei termini di un trasferimento di proprietà tra un donatore e un donatario, sparisce per essere inghiottito nello scambio, se, invece, resta invisibile, puro, esso chiude alla donazione ogni accesso alla visibilità.
- il dono come donazione nella fenomenologia della donazione di Marion. La questione del dono è apparsa e ha animato l'interesse di Marion quando egli si occupava di teologia, nella prima fase della sua produzione speculativa: qui Marion aveva stabilito un'equazione tra Dio, dono e agape. In seguito, il confronto con i testi derridiani e l'adesione allo spirito delle Ricerche Logiche di Husserl hanno condotto ad istruire la problematica del dono in fenomenologia. Se la riforma teologica teorizzata da Marion era costruita sulla figura cristiana del dono e sulla dimensione teologale della carità, ora, il dono, sciolto da ogni riferimento alla rivelazione cristiana, è trasportato sul suolo fenomenologico. Si è, dunque, stabilito che il dono viene coltivato a partire dalla Gegebenheit husserliana ed alimentato da una attenta lettura e da una presa di distanza critica dal pensiero di Derrida, mentre la riflessione antropologica ed etica è quasi completamente assente dalla prospettiva di Marion. Abbiamo constatato, infatti, che la sua indagine sul dono non si muove su un suolo etico, ma fenomenologico, la sua preoccupazione non è quella di indirizzare un agire, ma di descrivere l'apparire dei dati.
Il dono non è inteso come un oggetto reificato, un presente, il coagulo della donazione, ma viene fatto coincidere con la fluidità del processo di donazione. Elargire il dono significa, allora, diffondere lo spirito della donazione ed accogliere il gesto del dono equivale a propagare l'impulso a donare. Tutto ciò suscita delle aporie: se il dono è sempre e necessariamente un essere-per-la-donazione, esso appare come un meccanismo di coazione a ripetere, più che come una libera decisione del soggetto. Inoltre, esso si compie in piena indifferenza alle implicazione etiche ed affettive del gesto del dono. Infine, l'operazione di sovrapporre dono e donazione si rivela illegittima e abusiva.
Infine, nel terzo capitolo si è seguita la problematica del soggetto e dell'intersoggettività, con l'intento di stabilire se l'ultima figura del soggetto, Yadonné, il dedito, sia in grado di sciogliere l'aporia del solipsismo, che rappresenta una delle maggiori insidie per il pensiero moderno. Si sono visitati i luoghi genetici della soggettività pensante della modernità: Cartesio, Kant, Husserl e Heidegger. Si è appurato che le filosofie del soggetto non consentono l'accesso ad altri, a causa del modo in cui il problema del soggetto è istruito. L'oggetto esterno è intenzionato in quanto immanente al soggetto e in modo da diventare il mezzo materiale attraverso il quale il soggetto intenziona se stesso. Così, ogni estasi dell'intenzionalità costituente ricade su se stessa in una circolarità autoreferenziale. La conseguenza logica dell'idealismo monologico è l'affermazione della solitudine radicale del soggetto trascendentale, che costruisce la trama del reale e conferisce senso al mondo. Si è visto come Marion si attrezzi a scardinare l'orizzonte dell'intenzionalità trascendentale e costituente, al fine di accedere al successore del soggetto. L'attributario o il dedito, infatti, vengono dopo il «soggetto» nel doppio senso di succedere alla sua figura metafisica e soprattutto di procedere dalla manifestazione del dato fenomenico, anziché precederlo e determinarlo. L'approfondimento del concetto di donazione ha strappato il primato alla soggettività trascendentale moderna e lo ha posto sul versante della manifestazione (l'apparire di ciò che appare a partire da se stesso e come stesso). Rinunciando a ogni dispositivo autoriflessivo e autofondativo, il dedito si riconosce preceduto e convocato da un'alterità irriducibile, dall'evento originario della donazione, che lo istituisce a titolo di testimone, deputato alla ricezione del dato e responsabile dell'apparire del fenomeno, in quanto lo toglie dal silenzio e lo libera alla fenomenalità. Definito dalla sua disponibilità ad accogliere l'alterità nel cuore della sua stessa identità, il dedito è costitutivamente aperto all'altro dedito. Si instaura così la dinamica dell'interdonazione che sancisce il mutuo riconoscimento e la dedizione reciproca di due soggetti, per cui l'alter ego, lungi dall'essere il supporto occasionale dei miei vissuti, trascende la mia coscienza, si libera da ogni presa intenzionale oggettivante, satura la fenomenalità e allude alla trascendentalità.
La ricostruzione dell'itinerario speculativo di Marion mostra come il filosofo francese cerchi di tenere insieme e di saldare l'eredità classica e il pensiero moderno. Contro gli eccessi del soggettivismo moderno e contemporaneo, egli ripristina il primato metafisico ed epistemologia) dell'essere sul pensare (diremo, della manifestazione o dell'apparire sull'attività costituente del soggetto). D'altra parte, l'essere tradizionalmente inteso viene svuotato di senso e sostituito dall'istanza fenomenologica della donazione. Per Marion che assume l'eredità del razionalismo cartesiano, del soggettivismo fenomenologico husserliano, dell'ontologia ermeneutica heideggeriana, la fenomenologia diventa la nuova «filosofia prima».
Anche se, da una parte, l'intento programmatico di Marion è quello di abbandonare la metafisica a favore della fenomenologia, di congedarsi dal lessico e dal metodo metafisico, al fine di mostrare l'apparire di ogni contenuto fenomenico e la venuta di ogni fenomeno alla sua più compiuta apparizione, in modo da ricevere il dato esattamente come esso si mostra, dall'altra parte, Marion finisce, però, per surdeterminare la fenomenologia. Essa è spinta al limite, fino ad apparire come un id quo majus cogitari nequit. In ciò consiste la tensione all'opera nel testo di Marion : se, da una parte, il filosofo francese vuole aderire al piano della stretta immanenza, escludendo ogni ipotesi di trascendenza, d'altra parte, facendo dell'invisibile, dell'originario e dell'assoluto i suoi propri oggetti, egli finisce per rilanciare una filosofia dalle pretese trascendentali. La scienza dei fenomeni diventa, allora, la scienza dell'origine di tutte le cose, la scienza del meccanismo che regge la fenomenalità, la scienza di un'istanza pura, assoluta, incondizionata che governa l'intero.
L'objet de cette étude c'est la phénoménologie de la donation chez Jean-Lue Marion. La problématique se compose de trois moments :
1. l'ontologie du don, voire la question phénoménologique de la donation ;
2. la phénoménologie du don : le don entre théologie et phénoménologie ;
3. la question du «sujet» en tant qu'adonné et l'aporie de l'intersubjectivité.
Le premier chapitre a voulu reconstruire la genèse du concept de donation, sur laquelle se réalise l'entreprise de définition et de fondation de la phénoménologie de Marion. On a cherché les influences les plus profondes et les oppositions par rapport aux auteurs auxquelles Marion s'inspire : Husserl et Heidegger. On a constaté que la phénoménologie de Marion se situe à l'intérieur et en pleine continuation avec la pensée des maitres de la phénoménologie (transcendantale et herméneutique). In particulier, l'instance centrale de Titinéraire spéculatif de Marion, la donation, conjugue la figure phénoménologique de la Gegebenheit des Etudes Logiques de Husserl avec le motif heideggerien de l'Ereignis. Le choix de traduire la Gegebenheit non pas avec le neutre donnée, mais avec donation s'avère déjà une décision conceptuelle qui désigne l'ouverture de l'horizon phénoménologique et son interprétation (la superposition du donne et du don, selon la polyvalence sémantique du verbe donner, celui ci indiquant soit le geben que le gaben). En conduisant la Gegebenheit vers le concept de donation, Marion reçoit l'héritage du es gibt de Heidegger, qui a introduit la thématique du don (Gabe) dans son ontologie phénoménologique. La figure de la donation est conçue sur le modèle du retrait de lìEreignis - le dernier non de Tètre - lequel se donne et s'abandonne, avance et se retire en faveur de l'étant, à fin de le laisser ètre, dans sa différence avec Tètre. Marion transforme l'étant en donné et, enfin, le donné en don.
Gagnée par la radicalisation de Topération de réduction, la donation est élevée au rang de principe dernier de la phénoménologie et de figure extrème de la phénoménalité : comme Tètre de l'ontologie métaphysique, elle est indubitable, parce que le négateur de la donation en contredit l'immédiateté phénoménologique : en niant par un donné, il finit par présupposer ce qu'il nie. La donation ne peut pas ètre définie parce qu'elle se trouve à l'origine de toute définition ; en outre, elle est universelle, originaire, inconditionnée, invisible. Dans la pensée de Marion, elle devient donc le nouvel absolu, le nouveau fundamentum inconcussum d'une phénoménologie qui, à ce titre, assume le statut de «philosophie première».
Le deuxième chapitre est consacré à la problématique du don. En développant cette question, on tombe sur au moins trois possibles conceptions :
- le don en tant que phénomène symbolique et social chez Mauss (Essai sur le don) et dans son école (le groupe MAUSS, Mouvement anti-utilitaire dans les sciences sociales, dont les représentants principaux sont Caillé, Godbout et Latouche). La réflexion anthropologique et sociologique chez ces auteurs considère le don comme le plus puissant facteur de cohésion sociale et s'oppose à l'interprétation hégémonique du don en tant que mobile économique au-dessous de tout transfert de propriété. Ces auteurs, qui cherchent à relativiser l'élément du calcul et de l'intérèt économique dans la practice du don, relient les thématiques de la gratuité et de l'obligation, du conflit entre l'intérèt égotique et l'altruisme, de la nature du lien entre ces aspects, en suivant et en développant la trace offerte par Mauss dans la notion de obligation de la libertà.
- L'impossibilité d'une phénoménologie du don chez Jacques Derrida. On a établi que le don s'oppose à l'économie, au motif circulaire de l'échange, à l'id*e du retour et du récompense, au calcul de l'intérèt et de l'utile, au cercle de la dette et de la restitution, à la réciprocité du geste de donner, à la symétrie des acteurs en jeu, à l'idèe du rétablissement de l'équilibre initial. Le geste du donner est menacé par une aporie radicale et par une impossibilité absolue : s'il parvient à se phénoménaliser en tant que don à titre de passage de propriété entre un donateur et un donataire, il disparait pour ètre englouti dans l'échange ; si, par contre, il reste invisible et pur, il ferme à la donation tout accès à la visibilité.
- le don en tant que donation dans la phénoménologie de la donation chez Marion. La question du don est apparue et a animé l'intérèt de Marion quand il s'occupait de théologie, dans la première phase de sa production spéculative : dans ce cas là Marion avait établi une équation entre Dieu, don et agape. Par la suite, la comparaison avec les textes derridiens et l'adhésion aux Etudes Logiques husserliennes ont condiut à l'élaboration de la problématique du don en phénoménologie. Si la reforme théologique théorisée par Marion était construite sur la figure chrétienne du don et sur la dimension théologale de la charité, maintenant le don, séparé de toute référence à la révélation chrétienne, est transporté sur le sol phénoménologique. On a donc établi que le don provient d'une attentive lecture critique de Husserl et d'une prise de distance de la pensée de Derrida, tandis que la réflexion anthropologique et éthique est absolument absente de la perspective de Marion. On a constaté, en fait, que son enquete sur le don a lieu selon le point de vue phénoménologique, sa préoccupation n'étant pas celle d'adresser l'agir, mais de décrire l'apparaitre des donnés.
Le don n'est pas considéré comme un objet, un présent, mais il coincide avec le mouvement de la donation. Elargir le don signifie diffuser l'esprit de la donation et accueillir le geste du don veut dire en propager l'impulse à donner. Cela ne va pas sans problèmes: si le don est toujours et de nécessité un ètre-pour-la-donation, il se montre plus comme une contrainte, qu'à titre d'une libere décision du sujet. En outre, il se réalise en pleine indifférence aux implications éthiques et affectives du geste du don. Enfin, l'opération de superposition de don et donne s'avère illégitime et abusive.
- Enfin, dans le troisième chapitre, on a suivi la question du sujet et de l'intersubjectivité, avec l'intention d'établir si la dernière version du sujet, l'adonné, soit capable de résoudre l'aporie du solipsisme, qui représente l'un des plus grands pièges de la pensée moderne. On a visité les lieux génétiques de la subjectivité pensante de la modernité : Descartes, Kant et Heidegger. On a conclu que les philosophies du sujet ne permettent pas l'accès aux autres, à cause de la manière dans laquelle le problème du sujet est élaboré. L'objet extérieur est visé en tant qu'immanent au sujet en sorte qu'il devient le moyen matériel par lequel le sujet intentionne soi-mème.. Ainsi, toute extase de l'intentionnalité constituante tombe sur elle-mème dans une circularité auto référentielle. La conséquence logique de l'idéalisme monologique est l'affirmation de la solitude radicale du sujet transcendantale qui construit le cadre de la réalité et qui confère son sens au monde. On a alors suivi la stratégie opérée par Marion dans l'effort de rompre l'horizon de l'intentionnalité transcendantale et constituante, à fin d'accéder au successeur du sujet. L'attributaire et l'adonné, en fait, viennent après le sujet dans le doublé sens de succèder à la figure métaphysique du sujet et surtout de procèder de la manifestation du donne phénoménal, au lieu de la précéder et de la déterminer. L'approfondissement du concept de donation a arraché la primauté à la subjectivité transcendantale moderne et l'a colloqué du coté de la manifestation (l'apparaTtre de ce qui apparaTt à partir de soi et comme soi).
En renonçant à tout dispositif auto réflexif et auto fondateur, l'adonné se reconnait précédé et convoqué par une altérité irréductible, par l'événement originaire de la donation, qui l'institue à titre de témoin, député à la reception du donne et responsable de l'apparaTtre du phénomène, en ce qu'il l'enlève du silence et le délivre à la phénoménalité. Défini par sa disponibilité à accueillir l'altérité au cceur de son identité, l'adonné est constitutivement ouvert à l'autre adonné. Il s'ensuit la dynamique de l'interdonation qui sanctionne la reconnaissance réciproque entre deux sujets, en sorte que l'alter egro, loin d'etre le support occasionnel de mes vécus, transcende ma conscience, s'affranchit de toute prise intentionnelle objectivante, sature la phénoménalité et fait allusion à la transcendalité.
La reconstruction de l'itinéraire spéculatif de Marion montre comme le philosophe français cherche à tenir ensemble et de lier l'héritage classique et la pensée moderne. Contre les excès du subjectivisme moderne et contemporain, il rétablit la primauté métaphysique et épistémologique de l'etre sur la pensée (on dirait de la manifestation ou de l'apparaTtre sur l'activité constituante su sujet). D'autre part, l'etre traditionnellement entendu est dépourvu de son sens et substitué par Tinstance phénoménologique de la donation. Pour Marion, qui assume l'héritage du rationalisme cartésien, du subjectivisme phénoménologique husserlien, de l'ontologie herméneutique heideggerienne, la phénoménologie devient la nouvelle «philosophie première».
Meme si, d'un coté, Tintention programmatique de Marion est celle d'abandonner la métaphysique à faveur de la phénoménologie, de prendre congé du lexique et de la méthode métaphysique, à fin de montrer l'apparaTtre de tout contenu phénoménal et la venue de tout phénomène à sa complète apparition, en sorte de recevoir le donné tel qu'il se montre, d'autre part, Marion finit par surdéterminer la phénoménologie. Elle est poussée à la limite, jusqu'à apparaitre comme un id quo majus cogitari nequit. En cela consiste la tension à l'oeuvre dans le texte de Marion : si, d'une part, il veut adhérer au plan de la stricte immanence, en suspendant toute transcendance, d'autre part, en faisant de l'invisible, de l'originaire et de Tabsolu ses propres objets, il finit par relancer une philosophie avec une prétention transcendantale. La science des phénomènes devient, alors, la science de l'origine de toutes les choses, la science du mécanisme qui régit la phénoménalité, la science d'une instance pure, absolue, inconditionnée qui gouverne Tentier. |
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