dc.description.abstract |
Lo scopo di questa dissertazione non é lo studio delle Robinsonnades come genere ma di un
loro ristretto numero per vedere come gli stereotipi concernti il selvaggio ed il cannibalismo
siano rappresentati e cambino nell'arco di duecentosessanta anni circa.
II corpo pertanto sarà 1'argomento principale, e sarà trattato seguendo due linee. Da un lato,
considererò ciò che succede al corpus testuale ed al mito di Robinson mentre viene trasmesso,
saccheggiato, transvalorizzato e riscritto attraverso i secoli. Dall'altro analizzerò come la
preoccupazione per la pura sopravvivenza fisica e la paura dell'assimilazione (sia letterale che
culturale) e come i segnali visivi di differenza culturale siano stati utilizzati per dare corpo al testo.
Esaminerò inoltre come questo avvenga grazie al mantenimento ed ad un diverso uso di tre degli
elementi presenti nel romanzo di Defoe: l'isola, il suo sfruttamento da pare dei neufraghi e la
presenza, reale o presunta, dei selvaggi. Il cammino tracciato da questi romanzi va pertanto
dall'utopia alla letteratura d'avventura, dal rito di passaggio al commento metanarrativo sui miti
culturali e sulle aspettative create dagli stereotipi letterari. Ciò provocherà occasionali incursioni nella teoria letteraria per vedere come la cannibalizzazione e l'ibridazione siano gli atti costitutivi della composizione letteraria e rendano l'atto della scrittura simile ad un lavoro di bricolage, per usare una definizione di Genette, dove la selezione di solo alcuni elementi dell'ipotesto getta una nuova luce su aspetti prima misconosciuti o trascurati.
II primo capitolo esaminerà come il Robinson Crusoe, l'ipotesto trattato come una miniera
inesauribile di spunti ed episodi da scrittori successivi, sia esso stesso un ipertesto che attinge da innumerevoli fonti per creare un romanzo che si caratterizza per una monomaniacale ossessione per
i cannibali. Il cannibalismo, sia esso praticato o immaginato soltanto, ha in realtà più a che vedere con la costruzione dell'identità che con la fame e l'alimentazione. Per Crusoe il raggiungimento dell'età adulta è inestricabilmente legato al cibo e alle minacce di annullamento della sua individualità che egli attribuisce alternativamente al padre, ad un ambiente estraneo e/o ostile, ad un Altro caratterizzato da diversa razza e cultura. L'immagine stessa dell'isola subisce, grazie a lui, una metamorfosi da luogo incantato a zona ambigua ove il confine tra barbarie e civiltà non è mai ben definito, e può essere temporaneamente varcato nel passaggio all'età adulta.
Sono questi i tratti che sono ampiamente enfatizzati nei romanzi per ragazzi di metà
ottocento, dove gli emuli letterari di Crusoe sono degli adolescenti. Soprattutto The Coral Island di Ballantyne si propone come modello di un nuovo sottogenere testuale dove il gioco diventa parte
integrante del rito di iniziazione all'amministrazione dell'Impero. Le sue caratteristiche
principali vengono riprese, amplificate e modificate da altri testi fino al 1990 circa: la quasi totale assenza di personaggi adulti, non un singolo bensì un intero gruppo di naufraghi in età ancora scolare che sopravvivono per un periodo imprecisato su di un'isola dei marii del sud (quasi) senza utensili nonostante continue minacce alla loro incolumità. questi sono i tratti che sono ripresi in due riscritture di Ballantyne, // signore delle mosche e John Dollar, dove però la capacità di reagire alle avversità e la natura stessa delle minacce cambiano radicalmente. Questi due romanzi rappresentano il punto terminale di un percorso iniziato con la paura di una minaccia esterna (i cannibali) ora concretizzata come interna al gruppo e all'individuo, che riconduce le storie di naufragi su isole deserte all'ambito della letteratura "seria", o non di intrattenimento. Man mano che l'antropologia e l'etnografia esaminano l'antropofagia prive di preconcetti, le Robinsonnades del novecento ne individuano la fonte all'interno, non all'esterno, della comunità occidentale, esplorando i problemi e le contraddizioni posti dal colonialismo così come sono stati rappresentati nella letteratura coloniale. L'esplorazione delle radici squisitamente letterarie del mito e la loro discussione in un gioco che cancella la distinzione fra ipotesto e ipertesto diventa poi il tema stesso di un romanzo altamente metanarrativo come Foe.
The aim of this dissertation is not to examine Robinsonnades as a genre but to examine a
handful of Robinsonnades (by Ballantyne, Golding, Wiggins, and Coetzee) to see how stereotypes
of savagery and cannibalism are represented in the novels and change from the 1720s to the 1980s.
The emphasis is therefore on the body, and it is two-fold. On the one hand, I will see what happens
to the body of the Robinson Crusoe story as it is handed down, preyed upon, transvalued and rewritten.
On the other, I will deal with the body in the text, i.e. how concerns about bodily needs
and physical preservation from the threat of literal or cultural incorporation, and how visual marks
of cultural difference were seized upon to shape the body of the text. I will also examine three
features that characterise Defoe's novel and which were retained in later rewritings: the island; its exploitation, and the presence of savages and of - or the threat of- cannibalistic acts. The path is from Utopia to popular adventure literature, from rite of passage to a metafictional comment on cultural myths and expectations created by literary paradigms. This entails also occasional detours into literary theory to see how cannibalisation and hybridisation, the constitutive principles of literary composition, make the act of re-writing similar to what a Genette calls a bricolage work which selects and retains only some elements of the hypotext, bringing to light elements previously underread.
The first chapter will deal with Robinson Crusoe to see how the 18th century hypotext is
really a hypertext itself which draws on multifarious sources to produce a narrative that stands out
on the contemporary literary scene because of its many references to cannibals and cannibalism. In
the second chapter I will see how cannibalism has more to do with the construction of an individual
and social self than with hunger. To Crusoe, coming of age is inextricably bound up with matters of
food and of threatened incorporation / effacement of the self - by his father, by an alien
environment or by a racialised Other. The image of the island itself metamorphoses from an
enchanted sunny place to an ambiguously seductive site where the boundaries between savagery
and civilisation become slippery and can easily be infringed upon by scores of explorers- and
colonisers-to-be during their rite of passage into adulthood.
In the 1850s as Crusoes became increasingly younger these traits were highly emphasised in
popular rewritings. The Coral Island in particular became a model of a new subgenre within the
genre, later mastered and transformed by twentieth-century writers, where game and play are
instrumental to the rite of passage, and where the invention of new rules and conventions radically
alters the Robinsonnade. Its main features -- the absence or near-absence of adult characters, a
group of British adolescents stranded on a tropical island for some weeks with few or no tools,
continuous threats to their safety - recur down to the l980s. Lord of the Flies and John Dollar share these traits, but the way the protagonists cope, and the nature of the threats they have to face differ though. It is their path from the fear of the cannibals to the exploration of the "wild man within" - and from juvenile fiction to "serious" literature once again - that sheds light on the transformations of the Robinson Crusoe myth and the myth of the cannibal in literature. As anthropology and ethnography investigate anthropophagy in a non-biased way, its source is slowly moved inside the European community in twentieth-century Robinsonnades. It is a way to explore the problems and contradictions posited by colonialism as they are represented in literature, it is also a way to discuss the problems and contradictions embedded in the hypotext(s), to question long-established cultural practices. In the most recent versions, the highly self-conscious ones; like Foe, rewriting and interrogating the text become a way to erase the borders between text as the hypotext is revisited, dissected, dismembered, and assimilated in the act of rewriting so as not to silence it but to open it up to discussion, to shed light on its (previously) silent or ambiguous areas. |
it_IT |