Abstract:
La concezione di libertà nella modernità si fonda su dei presupposti teorici radicati in un panorama culturale ben definito e che, soprattutto in Occidente, corrisponde a quello teologico-cristiano. Nonostante la secolarizzazione degli individui e degli Stati, l'influenza della religione sulla percezione della realtà rimane infatti evidente. Ciò comporta una concezione della libertà come assoluta, che considera l’uomo pienamente responsabile delle proprie decisioni. È per questa ragione che si ha la tendenza a condannare in maniera istintiva chi si allontana da ciò che si considera essere corretto e che colpisce maggiormente la sensibilità comune.
Ciononostante, questo giudizio impulsivo si rivela fallace se si considera la predisposizione fisiologica di alcuni individui a determinati comportamenti e la base biologica e psicologica dei disturbi mentali, che non dipendono da una scelta arbitraria. Il concetto di libertà finora concepito perde di fondamento, poiché, sebbene non esista un destino scritto al dettaglio, molti atteggiamenti umani e decisioni sono fortemente influenzati da basi neurologiche e genetiche. Anche i concetti di bene e male, per come siamo abituati a intenderli, si rivelano meno netti, soprattutto alla luce delle scoperte scientifiche che dimostrano come, sebbene considerati tali dalla maggioranza, alcuni comportamenti non siano automaticamente percepiti come necessari e giusti da tutti gli individui.
Considerate queste premesse, lo scopo della ricerca è tentare di indagare la possibilità di comprendere il movente di chi agisce contrariamente ai canoni sociali, non per condonare il comportamento deviante ma per riconoscere la complessità dei vissuti individuali e promuovere una riflessione etico-morale maggiormente inclusiva.