Abstract:
La contaminazione delle discipline filosofico/umanistiche e di quelle neuroscientifiche, da secolo scorso ha reciso la netta separazione delle sfere di ricerca, dando luogo ad una fruttuosa e complessa intersezione multidisciplinare che, nello specifico della disciplina della Nueuroestetica, trova terreno fertile per la comprensione della fruizione dell’opera d’arte e dell’esperienza estetica da un punto di vista fisiologico/cognitivo.
Le radici teoriche di Semir Zeki e dello studioso indiano Vilayanur S. Ramachandran, il supporto delle nuove tecniche di brain imaging per la mappatura diretta o indiretta del cervello, le teorie empatiche dei neuroni specchio degli studiosi Michele Guerra, Vittorio Gallese e Giacomo
Rizzolati, si delineano come fondamento teorico di un dibattito che, lungi dall’essere lineare e concluso, si costituisce altresì sul sottotesto degli attuali studi neurologici in fieri.
Da questo assunto, l’intento del mio elaborato di tesi oscilla tra i contemporanei rami dei museaum studies e quelli dei disability studies, mantenendo come leitmotiv la domanda che traina la ricerca in corso: come e con quali approcci pensare ad una esperienza artistica e ad
una accessibilità museale per un pubblico con fragilità e neurodivergenze.
La ricerca verte sull’analisi dei progetti delle Attività Educative e Formative del Centro Sperimentale d’Arte Contemporanea PAV Parco Arte Vivente di Torino. L’istituzione museo si ripensa come un luogo relazionale ed ecologico in cui le barriere tangibili e intangibili vengono
abbattute in un’ottica di ibridazione con l’alterità.