Abstract:
Il lavoro mira ad analizzare l’innovazione culturale e artistica che interessa Venezia, tra la fine del Cinquecento e la sesta decade del Seicento, attraverso un dialogo con il vivace clima intellettuale dell’epoca, che rilegge, in chiave moderna, i temi della politica, della morale e della religione stessa.
L’attenzione, in particolare, si concentrerà sull’attività dell’Accademia degli Incogniti di Venezia e sul nuovo assetto dell’arte pittorica, capace di lasciarsi permeare e penetrare della neo-filosofia aristotelica, non solo dentro le aule universitarie, ma anche, e soprattutto, tra le salle de réunion degli accademici, fautori di quel proteiforme libertinismo che tanto influenzò l’agire e il pensiero umano nell’arco dell’intero secolo.
La tesi, pertanto, non mira alla realizzazione di uno studio di tipo monografico sui singoli pittori presi ad esame, quanto, piuttosto, a formulare un’ipotesi di cosa potessero appendere alle pareti gli accademici libertini del Loredano.
Un’indagine all’interno dell’ambiente della committenza, così come in quello degli artisti, attraverso l’individuazione di temi specifici e iconografie legate all’importante questione dell’immortalità dell’anima e della libertà di pensiero.
Alle importanti opere letterarie di alcuni membri dell’Accademia degli Incogniti, saranno associate le originali interpretazioni pittoriche di diversi artisti: dal Padovanino al Salvator Rosa, dal Fetti al Grechetto, tutte manifestazioni artistiche volte a rivedere criticamente i valori sostenuti dalla cultura ufficiale del tempo.