Abstract:
La tradizionale giustificazione economica per l’esistenza dei brevetti è legata alla natura di bene pubblico delle idee. Secondo tale teoria, i brevetti sarebbero una sorta di “male necessario” a garantire alla società un adeguato tasso di innovazione, proteggendo i ritorni economici dell’innovatore che sarebbero altrimenti minacciati dal rischio di imitazione. Obiettivo del presente lavoro è di mostrare i limiti di questa teoria convenzionale e di mettere in dubbio il reale bisogno di un sistema legale di brevetto. L’evidenza storica qui esaminata rivela infatti come l’innovazione non sia assente laddove manchi o sia debole la protezione brevettuale, tutt’altro. Altro obiettivo è quello di indebolire la convinzione teorica prevalente secondo la quale brevetti più forti stimolano maggiore innovazione e sono, perciò, socialmente desiderabili. Nel presente lavoro, l’analisi di alcuni lavori empirici proverà, al contrario, che manca qualsiasi evidenza di una relazione positiva tra la forza del brevetto e gli incentivi a innovare. Lo studio di alcuni modelli teorici di innovazione sequenziale evidenzierà inoltre che laddove l’innovazione ha natura cumulativa la presenza di brevetti forti a tutela delle innovazioni iniziali può soffocare, anziché stimolare, l’attività innovativa. Questo lavoro di tesi si focalizza su teorie e dati che esprimono e motivano lo scetticismo verso le recenti politiche che, con l’obiettivo dichiarato di promuovere l’attività inventiva e il progresso economico della società, hanno contribuito a rafforzare a livello mondiale la protezione brevettuale.