Abstract:
Nel seguente elaborato ho tentato di dimostrare che quello che ad oggi viene a tutti gli effetti considerato un concorso pubblico, sia in qualche modo da ritenere una serie di proposte autonome che i singoli architetti portarono avanti, sfruttando ognuno i rapporti che li collegavano a personalità facenti parte del gruppo decisionale del cantiere di San Stae. Rimane infatti ostico pensare che un concorso indetto dopo il lascito testamentario di un doge della Serenissima, quale fu Alvise II Mocenigo, per la costruzione di una facciata in una posizione di spicco come l’affaccio sul Canal Grande, passasse inosservata. Di tale concorso non si accenna, né nel testamento, né nelle carte d’archivio e tanto meno viene considerato dai cronisti contemporanei.Ho ripercorso, tramite i libri cassa conservati all’Archivio di san Giacomo dell’Orio, le tappe di un cantiere punto nevralgico per le maestranze veneziane che crea la possibilità di misurare la temperatura dell’architettura a Venezia intorno al 1709. Ho ricostruito parte dei rapporti tra soggetti coinvolti e chiarito l’importanza degli esecutori testamentari.
Considerando la famiglia Mocenigo ho dedicato spazio alle rivoluzionarie disposizioni testamentarie che sembrano fuggire la moda seicentesca delle facciate celebrative, Infine ho voluto chiarire il ruolo del padre conventuale Vincenzo Coronelli, testimone diretto e unico cronista di un evento altrimenti sconosciuto.