Abstract:
Nel 1911 Hiratsuka Raichō scrive che, in tempi antichi, “le donne giapponesi erano più potenti, ma con il passare delle epoche hanno perso la propria indipendenza”: in particolare, possiamo individuare il punto di svolta nel Medioevo. Caratterizzato dal paradigma dello honji suijaku che vede il sincretismo di culto dei kami e buddhismo, è un periodo in cui i matrimoni e i diritti ereditari femminili subiscono numerosi cambiamenti; al contempo si diffondono in Giappone concetti confuciani riguardanti le donne, quali quello delle “Tre obbedienze” e dei “Cinque ostacoli”. All’interno del culto dei kami si fa inoltre largo il tabù di kegare o “impurità” strettamente associato a quel sangue che è “femminile” per definizione, ossia quello di mestruazioni e parto: il concetto viene successivamente adottato e sviluppato dal buddhismo con una conseguente demonizzazione della sessualità e della mentalità femminile. Le donne ritenute “contaminate” sono proibite dal mettere piede in luoghi sacri e vengono allontanate dai villaggi. Una soluzione proposta da entrambe le religioni è quella dell’attuazione di pratiche purificatorie che tuttavia risolvono il problema solo in parte: gli unici modi che le donne hanno per evitare la condanna all’inferno dovuta al proprio sangue e ottenere l’illuminazione sono incarnarsi in un uomo oppure affidarsi a scritture che sottolineano la loro natura peccaminosa. Il primo capitolo si concentrerà sugli sviluppi storici, sociali e religiosi del periodo Kamakura, e successivamente si esamineranno quelli che il monaco buddhista Mujū Dōkyō definisce i “sette gravi vizi femminili”. Nella seconda parte del capitolo si parlerà invece del mercato della prostituzione e, infine, ci si concentrerà sulla concezione di stupro. All’interno del secondo capitolo verranno illustrati gli svariati termini per indicare purezza e impurità; subito dopo si discuteranno i modi in cui le persone possono “contrarre” l’impurità come anche i riti impiegati per ripristinare uno stato di purezza. In seguito verrà analizzato il Sutra del Loto con particolare attenzione al capitolo “Devadatta”, al personaggio della Principessa Drago e allo henjo nanshi, la trasformazione da donna a uomo con il fine di raggiungere la buddhità. Nel terzo e ultimo capitolo si procederà a parlare di sangue mestruale, di quello del parto e del loro sviluppo da impurità “temporanee” a motivi di condanna delle donne dopo la morte: verrà trattato il Sutra del lago di sangue, compresa la sua ambivalenza in quanto materiale discriminatorio e talismano che, diffuso dalle bikuni di Kumano, permette alle donne di assicurarsi la salvezza in modo autonomo. Infine si analizzerà il nyonin kinsei, l’allontanamento delle donne dalle montagne sacre.