Abstract:
Guy Debord scrive “La società dello spettacolo” basandosi sulla prima parte de “Il capitale” di Karl Marx, sull’analisi del carattere di “feticcio” della merce. Secondo Marx la merce presenta un doppio carattere: quello d’uso e quello di scambio. Il valore d’uso è il consumo materiale della merce, mentre quello di scambio è il suo potere di circolazione. Nella società capitalistica avanzata il valore d’uso perde sempre più importanza rispetto al valore di scambio. L’oggetto non conta per sé stesso, per le sue caratteristiche ma in quanto merce. La merce in questo modo diviene sempre più qualcosa di astratto, assumendo un carattere magico diventa un “feticcio”. Come nella religione gli dei si ergono contro l’uomo nella loro lontananza, nella stessa maniera la merce frutto del lavoro dell’uomo, nella società capitalistica gli si oppone nella sua estraneità e indipendenza. In questo tipo di società il lavoro basato sulla macchina si trasforma da attivo in passivo e contemplativo. Qui si inserisce Debord con il suo discorso sullo spettacolo. Lo spettacolo è il momento in cui la merce occupa totalmente la vita sociale. Lo spettacolo va ben oltre il discorso sui media, ma occupa la società tutta. Per Debord “lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine”.
Ad opporsi alla società “dello spettacolo” sarà l’Internazionale situazionista (1957-1972) un movimento che si pone come rivoluzionario e che nasce dalle idee di CoBrA, MIBI, Internazionale lettrista e Comitato psicogeografico di Londra. Gli esponenti di maggior rilievo saranno lo stesso Debord, A. Jorn, Pinot-Gallizio, Constant ed in seguito R. Vaneigem. I situazionisti si propongono di “creare situazioni” ovvero “momenti della vita, concretamente e deliberatamente costituiti mediante l’organizzazione collettiva di un ambiente unitario e di un gioco di avvenimenti”. Lo scopo sarà quello di realizzare i desideri delle persone e non i falsi bisogni indotti dalla società capitalistica. Punto importante per l’I.S. è “l’urbanismo unitario” che riguarda non solo la struttura della città, ma anche il conseguente comportamento dei cittadini. I situazionisti teorizzano il superamento dell’arte nella rivoluzione del quotidiano. Fondamentale diventano il gioco, l’abbandono del lavoro ceduto definitivamente all’automatizzazione delle macchine, un tipo di vita nomade e avventurosa, le pratiche della “dérive” e del “détournement”. Saranno i situazionisti a dare il via ai moti del ’68.