Abstract:
Questo contributo affronta il tema della letteratura nelle Isole Canarie, proprio perché ci interessava vedere come la loro insularità si riflettesse nella letteratura, dal momento che considerando l'arcipelago come un territorio circoscritto e con caratteristiche geoclimatiche ben precise, abbiamo pensato che essere interessante vederne la verifica nella letteratura degli autori di quelle isole.
Nel primo capitolo inizieremo con una visione panoramica e generalizzata della letteratura antecedente al periodo che ci interessa, la produzione del dopoguerra intorno agli anni 50. Dalla conquista delle isole nel XV secolo e, seppur lontana, si è da sempre scambio costante e presente con la penisola, nei primi secoli costituiscono un punto strategico come tappa nei viaggi colonizzatori verso l'America, per cui l'influenza spagnola si mescolerà alla cultura aborigena, che con il passare del tempo si diventano sempre più preponderanti, in modo che gli scrittori che emergeranno sulle isole abbiano una conoscenza diretta di ciò che sta accadendo nella penisola. Quindi, proveremo a verificare se l'influenza di diverse correnti o tendenze sarà chiara lì. Concentreremo il nostro studio su due opere scritte nel dopoguerra, per analizzare le caratteristiche dissociative della letteratura canaria rispetto a quella peninsulare.
I due fattori più determinanti che caratterizzano la produzione insulare sono, da un lato, la sua idiosincrasia di insularità con le sue qualità geoclimatiche, e dall'altro, l'influenza della sua vicinanza al mondo africano, che è solo a brevissima distanza . E, in terzo luogo, si possono anche aggiungere, dal punto di vista linguistico, le reminiscenze di una lingua autoctona, il guanche, oggi dichiarata lingua morta.
Saranno analizzati tre romanzi della letteratura canaria: - La isla y los demonios de Carmen Laforet, Mararía di Rafael Arozarena e Fetasa di Isaac de Vega.