Abstract:
“Noi siamo i nostri dati”, questa è la frase che Stefano Rodotà, già Garante della Privacy, pronuncia per sottolineare l’importanza della nostra identità personale e della sua tutela. Ad oggi, infatti, nel mondo in cui viviamo la tematica della privacy ricopre un ruolo di primaria importanza, è strettamente connessa ai dati stessi, ed è percepita in maniera differente dalle persone. Ciò accade poiché, attraverso l’utilizzo quotidiano di dispositivi elettronici, social network e software di comunicazione interpersonale, ogni individuo, consapevolmente o meno, affida a quest’ultimi parte di sé stesso e della propria privacy, creando dietro di sé una scia di tracce, usate poi per ricostruire l’identità digitale di ciascuno. Ogni individuo percepisce, quindi, un utilizzo improprio ed illecito dei propri dati come una violazione della sua privacy e, conseguentemente, come una violazione della sua identità digitale. È compito del marketing aggregare tali dati al fine di ricreare il profilo del proprio target di mercato, cui proporre prodotti e servizi che rispecchino i gusti, lo stile di vita e la capacità economica. Al riguardo, l’elaborato si propone di comprendere, attraverso una “sentiment analysis” su un campione di tweet contenenti l’hashtag privacy (#privacy), come una percezione positiva o negativa della nostra privacy possa influenzare il rilascio di quei dati, tanto utili agli operatori di marketing per la realizzazione di strategie mirate ed efficaci.