Abstract:
In questa ricerca, ripercorrendo la storia dello stile benreitai o benreibun (stile parallelo), possiamo dissezionare i processi di composizione, vocalizzazione e traduzione che interessano la fruizione dei testi in sinitico e della cultura sinitica senza incappare in divisioni arbitrarie ed essenzialismi: questo per via dell’ambiguità nella separazione fra prosa e poesia, fra lingua straniera e vernacolare, fra sinitico e kanbun di cui lo stile si fa veicolo.
In aggiunta, non ci mi limiterò a descrivere la storia della procedura di apprendimento della composizione in sinitico e separatamente quella di glossatura in Giappone, ma come esse interagiscono fra di loro in entrambe le fasi dello studio, il sodoku (vocalizzazione e ripetizione “pura”) e il kaidoku (interpretazione e applicazione del materiale letto). In entrambe i casi, la questione identitaria non viene tralasciata: cosa significava a livello identitario imparare il kanbun? Quali metodi si utilizzavano e come contribuivano alla formazione dei giapponesi?
In questo elaborato voglio inoltre proporre uno spostamento del focus dall’analisi di procedure (come si scriveva in kanbun?) a quello dell’analisi di processi (perché si scriveva in kanbun in questo determinato modo?), motivando le scelte che nel corso dei secoli, a partire dalle sue origini in Cina, fino al suo arrivo in Giappone in Periodo Nara per concludere nel primo periodo Meiji (fine XIX secolo), hanno portato a variazioni o alla preservazione di determinati espedienti linguistici, stilistici o metodologici. Chi legittima gli stili di composizione? Come si consolidano e come vengono utilizzati?