Abstract:
Oshima fa il suo debutto nel mondo del cinema nel 1959, nel pieno delle manifestazioni contro l’Anpo e l’imperialismo Americano, nel bel mezzo delle speranze di un futuro diverso per il paese che accompagnarono queste proteste (ma nello stesso tempo nel bel mezzo della frustrazione e della delusione successive al fallimento dell’Anpo Toso). Era quindi inevitabile che eventi simili andassero a segnare in maniera indelebile la grammatica filmica dell’allora giovane regista. E di fatti nel 1960, egli sentì l’impulso di dare il suo contributo al dibattito con la realizzazione di un opera che era un invito alla riflessione sui fatti da poco conclusi: Nihon no yoru to kiri.
Nei film di Oshima è possibile seguire l’evoluzione sociopolitica di una nazione, che dopo le proteste contro l’Anpo, vide un periodo di relativa calma dovuto all’indebolimento del movimento studentesco, per poi arrivare all’esplosione anche in Giappone del ’68, e infine la sconfitta di quegli ideali rivoluzionari all’inizio degli anni 70. Come suggerito da Desser, si può quindi pensare di racchiudere idealmente questa stagione del cinema nipponico, di cui Oshima è il rappresentante più illustre, nel decennio delimitato dalle due ratifiche del trattato di sicurezza, tale è stata l’influenza che gli eventi di quegli anni ebbero nel cinema degli autori della cosiddetta nūberu bagu.
Oshima fu capace di trasporre su schermo quelle esperienze vissute in prima persona durante gli anni ’50 fino ai giorni dell’Anpo Toso, tra le file di studenti in rivolta, capaci di dar origine per la prima volta a una coscienza soggettiva, che si incarnò in un nuova idea di cinema. Questa, partendo da un rifiuto dei modelli precedenti, aveva il suo centro nella soggettività stessa dell’autore, il suo modo di essere e vedere la realtà, dunque la forma stessa di una visione soggettiva che non si illude di comprendere e trascrivere i confronti indefiniti del reale. Il cinema viene inteso quindi come un confronto tra la soggettività dell’autore e quella dello spettatore, in un rifiuto del realismo consolatorio che aveva caratterizzato le produzioni dei decenni precedenti.