Abstract:
"La ricerca prende in esame una serie di casi internazionali sulla tematica del verde urbano partendo dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’oggi. Al centro dell’analisi vi è la crescita smoderata dell’ambiente urbano e la conseguente saturazione dello stesso dovute agli effetti delle rivoluzioni industriali e tecnologiche nel corso del tempo; quindi, la conseguente crescita demografica, soprattutto nei centri urbani più sviluppati; tutti fattori che, fin dalla seconda metà del XIX secolo, hanno fatto emergere la necessità di creare specifiche aree urbane da dedicare al verde pubblico.
Punto di partenza della tesi è il modello della “città giardino”, sviluppato alla fine dell’Ottocento da Howard Ebenezer (1850-1928) come prima risposta rilevante a livello internazionale al problema della crescita urbana incontrollata e della dilagante insalubrità dei suoi spazi. Parallelamente si analizza quanto accade oltreoceano - negli Stati Uniti - e, in particolare, le singolari proposte di Frederick Law Olmsted (1822-1903). Si passa poi allo studio delle soluzioni escogitate e realizzate nel primo dopoguerra, frutto delle esperienze precedenti. Difatti, nel corso dei primi tre decenni del Novecento, la presenza di aree urbane verdi diventa uno standard imprescindibile nella “pianificazione per zone” delle città e delle relative periferie ma, contemporaneamente, la stessa finisce per perdere una specifica definizione formale. Tale passaggio è ufficialmente sancito dal CIAM del 1933 con la stesura della Carta di Atene: eventi che, in particolare, stabiliscono il ruolo del verde urbano come fattore di igiene nella città. Quindi, la tesi prende in considerazione gli anni della seconda ricostruzione post bellica, dimostrando che gli stessi piuttosto che essere occasione di un ripensamento del tessuto urbano “in chiave verde” (tranne rari casi come quello del quartiere sperimentale QT8 di Piero Bottoni (1903-1973) nella periferia di Milano) abbiano, invece, portato ad una generale regressione sul tema. Quando, poi, negli anni Settanta gli aspetti legati al rapporto tra crescita urbana e aeree verdi si ripresenta con forza, si innesca un cambiamento radicale che pone le basi per tutte le proposte successive, comprese quelle contemporanee. Sono gli anni in cui emerge per la prima volta la tematica “ecologico-ambientale”, la stessa che oggi ha assunto estrema importanza di fronte ai cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, così da avviare nuove politiche di riqualificazione del tessuto urbano sempre più congestionato, votate ad interventi puntuali di recupero e di integrazione del verde nell’ambiente costruito. Con architetti come James Wines (1932) e il gruppo SITE, Emilio Ambasz (1943) e molti altri, l’architettura diventa uno strumento per riflettere sulle innovazioni tecnologiche e dei materiali (volte all’efficientamento energetico degli edifici e a un loro minore impatto ambientale), quindi sulla possibilità di nuove alleanze tra architettura e natura da un punto di vista formale.
La valutazione storico-critica dei vari progetti presi in esame ha lo scopo sia di mettere in risalto le differenze tra i vari approcci e teorie sviluppati sul tema da architetti e architetti paesaggisti, sia di evidenziare come “la funzione del verde” in ambito urbano vari nel corso del tempo, assumendo di volta in volta significato differente in relazione agli effetti prodotti.
In ultima analisi, l’obiettivo è anche quello di analizzare l’adeguatezza di ogni progetto trattato di fronte ai problemi più urgenti del periodo storico di formulazione, nonché l’impatto e le possibili influenze di alcuni progetti analizzati sull’approccio alle “tematiche del verde” nello spazio urbano contemporaneo."