Abstract:
Venezia è stata – insieme a Roma – una delle due capitali del Grand Tour. Intellettuali di origine soprattutto centro e nord europea hanno raccontato, con sguardo colto, borghese e romantico, in immagini e parole per un lungo periodo di tempo la loro visione, necessariamente interpretativa, del nostro Paese e delle sue culture. L’irruzione della fotografia, con le attività artigianali ma commerciali di studi come quello di Naya e Ponti a Venezia, a partire dalla metà dell’800 ha introdotto nel racconto dell’Italia – facentesi "una" in quella stagione - un elemento nuovo, apparentemente neutro e freddamente oggettivo. A resistere al nuovo sguardo sul reale, l’essere umano, che appare nelle foto come “ombra trascinantesi”, elemento vitale non facilmente “imbrigliabile” nelle lunghe esposizioni dei pionieri della fotografia. Il cinema, con i fratelli Lumière e gli altri pionieri coevi, cattura la realtà in movimento, e trasforma rapidamente lo sguardo fattosi cartolina in una squarcio nella tela che fa riapparire l’uomo, con la sua multiforme socialità, vivo, come protagonista in azione. Lo sguardo – inteso in senso ampio, come racconto letterario, pittorico, fotografico - del Grand Tour, impostato per secoli in forme codificate, si rompe in nome di una nuova oggettività: seppur ammantata dal tentativo “resistente” e codificato di mostrare basandosi su logiche turistiche e tradizionali, l’immagine manifesta la sua crisi. Appare, definitivo e ineluttabile, il racconto articolato e denso dell’essere umano, di una multiforme società veneziana, specchio dell’Italia dell’epoca, che solo certo vedutismo aveva saputo mostrare, seppur sempre nella forma dell’interpretazione pittorica. Da Venezia, l’Italia si libera dello sguardo colono e turistico dell’intellettuale del Grand Tour.