Abstract:
Il neofemminismo degli anni Settanta nasce dalla pretesa di ottenere libertà e diritti per le donne in ogni campo dell’esistenza, agendo nelle strutture del sistema patriarcale. Per questo, alcune curatrici iniziano ad operare nella realtà organizzando collettive al femminile volte al recupero e all’affermazione delle artiste escluse dalle istituzioni e dal mercato dell’arte. Le figure chiave in questa operazione sono Romana Loda, Mirella Bentivoglio e Lea Vergine, che organizzano importanti mostre di artiste. La lenta affermazione delle donne in questo ambito sembra avere una battuta d’arresto negli anni Ottanta, quando si era ormai spento il clima di lotta femminista iniziale e bisognava dunque cercare di consolidare le poche libertà conquistate.
Questa ricerca vuole concentrarsi su un caso unico nel panorama italiano degli anni Ottanta, per la sua continuità dal 1984 a oggi: la Biennale Donna di Ferrara organizzata dall’Unione Donne in Italia (UDI). Analizzandone le scelte tematiche e curatoriali è possibile far emergere la complessa storia della condizione femminile nel mondo dell’arte italiano. Si è ritenuto centrale prendere in esame anche la sostenibilità economica della Biennale Donna per capire come l’UDI sia riuscita a portarla avanti per quasi quarant’anni. Si tratta di un esempio di forte collaborazione tra enti pubblici e privati che, nonostante le variazioni legislative e le crisi economiche, ancora sussiste. Anche per questo si tratta di un importante modello da studiare e rivalutare.