Abstract:
Il Giappone ha avuto relativamente poca esperienza in materia di ingresso e insediamento di cittadini stranieri. Basti pensare che nell’ultimo secolo le ondate migratorie più consistenti sono state due: durante Seconda Guerra Mondiale, con flussi composti principalmente da lavoratori provenienti dalla Cina e dalla Corea, e negli anni ’80 a causa rapida crescita dell’economia giapponese e la sua crescente domanda di lavoro. In questo contesto il Giappone rappresenta però un’anomalia: nel secondo dopoguerra è riuscito infatti a realizzare un avanzato livello di modernizzazione economica e di industrializzazione senza dipendere dal lavoro straniero. Si hanno quindi da una parte alcune potenze occidentali come la Germania e la Francia che utilizzano l’immigrazione come strumento per far ripartire un’economia messa in difficoltà dal periodo bellico, e il Giappone che invece fa affidamento su un’ampia disponibilità di manodopera locale e l’introduzione delle nuove tecnologie nelle mani delle grandi aziende. Tuttavia, negli ultimi decenni il Giappone si è trovato ad affrontare diversi problemi dal punto di vista demografico. Il calo delle nascite, l’aumento della durata media della vita e il conseguente invecchiamento della popolazione costituiscono per il governo giapponese una sfida che lo pone in prima linea a livello mondiale. È ormai appurato che gli effetti dell’ormai incombente calo demografico, andranno a influire fortemente sulle casse dello stato il quale, ogni anno, dovrà fare ricorso al debito per sopportare i costi delle pensioni e della sanità. Inoltre, con una forza lavoro sempre più ridotta le sue entrate andranno gradualmente a diminuire. Uno dei fattori che potrebbero contribuire ad attenuare questo fenomeno consiste in un aumento dei flussi migratori all’interno paese. Ma quali sono i provvedimenti che il governo giapponese ha attuato e sta tuttora attuando a tal proposito? E qual è il trattamento riservato agli stranieri che offrono le proprie prestazioni lavorative in Giappone?