Abstract:
Il quesito che si tenta di strutturare in questa tesi è come, gradualmente, la prigione sia stata “visibilmente" espulsa dalla società mentre la moltiplicazione dei media la espongano al pubblico come l’incarnazione del significato della punizione, culminando infine nel trionfo dell’immagine in sé.
La rimediazione degli schermi permette la reiterazione delle preesistenti narrazioni sulla prigione, perché non risultano scosse dall’apparente scomparsa della prigione materiale. Pertanto, si analizzerà la migrazione dei tropi visivi sul carcere fino ai tentativi della cinematografia in Realtà Virtuale (VR) della trasmissione dell’immagine “gotica”; ma anche il potere corporeo degli spazi virtuali di influenzare la percezione in un ambiente immersivo.
Si tenterà di decostruire la retorica diffusa che concepisce la VR come “macchina dell’empatia” in virtù della sua capacità di replicare percettivamente l’effetto palpabile degli spazi della prigione e delle persone detenute, provando a dimostrare che la VR non risolve quel divario culturale e sociale tra persona libera e persona detenuta, mentre si caratterizza come un dispositivo tecnologico strumentale razionale, ovvero contribuisce a suo modo a delimitare i confini del comportamento deviante a un pubblico di massa.
Il tema verrà affrontato sostenendomi su alcuni esempi di installazioni VR immersive fruibili dal pubblico esterno che si affacciano alla dimensione interna del carcere, seguendo concettualmente una direttrice dello sguardo dall’esterno del carcere all’interno. Alcune di queste installazioni si focalizzano sull’assunzione di prospettiva del pubblico esterno, indagando sulla propriocezione e sulla percezione degli spazi di detenzione.
Infine, presento il mio lavoro sperimentale presso il CPIA1 di Roma, dove ho provato su me stessa un’installazione immersiva VR utilizzata a fini riabilitativi per le persone ex-detenute. In questo caso, le installazioni seguono concettualmente la direttrice interno- esterno del carcere.
Questi saranno temi su cui applicare alcuni concetti teorici della soglia tra mondo reale e virtuale; le tesi estetiche sull’assunzione di prospettiva e l’empatia; la confusione dei confini tra illusione e realtà; il perturbante, inteso come il riemergere del carcere (la sua immagine “familiare” gotica e repressa) nello spazio dello schermo cinematografico; la sovraesposizione del detenuto attraverso la presenza massiva dello schermo che riconferma la sua assenza; il tema del doppio nella telepresenza.