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Il genere giallo segue uno schema rigido, ed è forse il genere che concede meno variazioni. C’è un mistero e bisogna fornirne le più concrete e fattuali spiegazioni. Non basta un omicidio per fare un giallo. Non è nemmeno la trama in sé che conta, ma il modo di narrarla, lo stile. La trama, naturalmente, deve essere solida, ma il lettore va guidato dentro di essa senza divagazioni. Il romanzo giallo rientra fra i cosiddetti “romanzi di genere”: fra essi, insieme al romanzo rosa, è forse quello che presenta i vincoli maggiori, lo schema più rigido, uno stile predefinito, minore libertà per l’autore. Il noir è più flessibile e ricco di potenziale letterario, come la spy story. Ogni romanzo giallo si apre con l’ordine del mondo sconvolto dall’atto più terribile: l’omicidio. Da questa frattura, l’investigatore giunge a identificare il colpevole, che viene consegnato alla giustizia. L’ordine viene così ripristinato. In termini banali, il giallo esige un “lieto fine”. Questo perché è un genere di conforto, in cui l’ordine infranto viene ricostituito. Manca qui l’elemento della critica sociale (presente invece nel noir). Da un punto di vista della scrittura, poi, il giallo, come la fiaba, riduce al minimo tutto ciò che non è funzionale all’azione. Questo non può che riflettersi sul ritmo della frase: più serrata, essenziale, rapida di quel che non richiede la letteratura “alta”. Non è una regola assoluta: così come il genere può partorire diversi sottogeneri, nello stesso modo può conoscere sostanziali variazioni stilistiche, senza considerare che prosa essenziale non significa necessariamente priva di stile. In generale, sarebbe meglio evitare espressioni come “letteratura di genere”1 e parlare più semplicemente di buona e di cattiva letteratura. Per riconoscere la cattiva letteratura è bene tenere presente che essa viene composta a partire esclusivamente da ciò che è familiare: ogni frase suona già sentita e, nei romanzi di genere, la trama è la stessa del precedente aspirante best seller. I buoni libri, invece, pur non allontanandosi necessariamente da ciò che è familiare, fanno uso di deviazioni. La letteratura di genere fornisce una gabbia più rigida, pertanto genera più spesso cattiva letteratura. Ogni genere ha le sue regole ma, come sempre, anche queste possono essere infrante. Più un autore si piega alle regole del genere, meno è autore, cioè scrittore autentico. Lo scrittore consapevole si sente talmente sicuro della propria scrittura che non si cura di esibirla, né di infrangere le gabbie di genere. Il giallo propriamente detto è un racconto a enigma. Si presenta al lettore un fatto, normalmente delittuoso, la cui soluzione sembra impossibile o assai difficile, poi si danno indizi, si raccolgono particolari, si studiano i caratteri dei protagonisti, si valutano concordanze e discordanze, la tempistica, le motivazioni, coinvolgendolo nell’indagine. Sono le tessere di un puzzle e ci devono essere tutte. L’enigma può essere statico (un delitto avvenuto di cui si deve trovare il colpevole) o dinamico (l’enigma si complica durante il racconto, con nuovi accadimenti e nuove prospettive). Può esserci un investigatore oppure no, quel che conta è che il puzzle che si presenta al lettore abbia tutti i pezzi bene in vista e che la soluzione non sia troppo stravagante, altrimenti si rompe il patto con il lettore.3Un giallo deve trattare fatti normali, non nel senso della norma statistica, ma nel senso del possibile, deve essere ambientato in società ben conosciute e avere soluzioni reali, credibili, socialmente e razionalmente accettabili e scientificamente non troppo strampalate. Un giallo rimane tale solo se c’è un enigma da risolvere, dopodiché suspence, azione, spionaggio e tanti altri ingredienti vanno bene, purché non distolgano eccessivamente il lettore da esso. |
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