Abstract:
Nel 1963 in Iran vengono emanati una serie di provvedimenti per migliorare le condizioni di vita delle zone rurali. Oltre alla riforma terriera, si cerca di intervenire sull’alfabetizzazione, attraverso l’istituzione dell’Esercito del sapere, un’alternativa al servizio militare che arruolava come maestri giovani con un diploma di scuola superiore, a cui prese parte anche Amin Faqiri. Faqiri è uno dei maggiori rappresentati della cosiddetta adabiyāt-e rustāyi, o adabiyāt-e eqlimi, ossia la letteratura regionale. Dehkade-ye pormalāl, Villaggi pieni di malinconia, è la sua prima opera, una raccolta di diciassette racconti che egli scrisse sulla base della sua esperienza di maestro nelle campagne. Questa tesi, partendo dalla traduzione di tre racconti, L’acqua (Āb), Dal fondo del pozzo (Az tah-e čāh) e L’alternativa inevitabile (Čāre-ye nāčār), si propone di analizzare alcuni temi specifici di questa corrente letteraria. Il soggiorno nei villaggi del Fārs e del Kermān permette allo scrittore, proveniente dalla classe media cittadina, di entrare in contatto con condizioni di vita precarie, ancora legate all’andamento dei raccolti e a una natura di volta in volta malvagia e benevola, nonché alle dinamiche di sopruso esercitate dal potere. Nel villaggio, microcosmo chiuso, si consuma la lotta tra la tradizione e le spinte modernizzatrici condotte dallo stato centrale. In tutto ciò, trova posto la figura del maestro, immerso nella malinconia del villaggio, al contempo straniero escluso e osservatore impotente delle ingiustizie perpetrate.