Abstract:
L’oggetto della presente ricerca è la serie di imbrattamenti perpetrati sulla statua di Indro Montanelli, sita a Milano, tra il 2012 e il 2020 da parte di vari gruppi e collettivi, tra cui le femministe di Non Una Di Meno e gli studenti appartenenti alla Rete Studenti Milano e Laboratorio Universitario Metropolitano. I loro atti “vandalici” sono interpretati come pratiche di consumo “dal basso” (bottom-up) del e nello spazio pubblico alla luce dei Cultural Studies, che permettono di inquadrarle come attività di consumo di agenti culturali (cioè non passivi rispetto ai discorsi egemonici), implicati nella lotta per i significati e i processi di costruzione identitaria.
Verrà discusso come la voce e l’identità dei subalterni, solitamente invisibili o univocamente rappresentati nelle narrazioni dominanti, possa essere resa manifesta dall’affezione di simboli ritenuti importanti per la società in generale, quali statue e monumenti pubblici. Più nello specifico, verrà considerata la particolare situazione della donna subalterna, che sostiene il peso di una “doppia” discriminazione, che è sessista e razzista al contempo. Da questo punto di vista, il paradigma intersezionale evidenzia la coesistenza e “intreccio” di diversi assi di oppressione che possono essere dati da classe, genere, razza, etnia, sesso et cetera, e che costruiscono ulteriori e più profonde posizioni di marginalità. In questo caso, dato che la storia rivendicata dagli imbrattamenti è quella della sposa bambina Destà, comprata da Montanelli durante la campagna d’Africa fascista, la situazione di specifica subalternità e marginalizzazione che si considera è evidenziata dai contributi di Gayatri Spivak e bell hooks. La loro prospettiva di studiose femministe e post-coloniali permette infatti di leggere la doppia violenza esercitata sulla donna non-bianca, da parte della società patriarcale e razzista che ha il potere di plasmare lo spazio pubblico e reiterare attraverso i suoi simboli le narrazioni e i significati dominanti.
L’obiettivo della ricerca è far emergere la profonda polisemia che caratterizza tali pratiche, talvolta additate come vandaliche, talvolta rivendicative di storie collaterali e posizioni contro-egemoniche, che rivela diversi gradi di aderenza ai codici egemonici dominanti della società di appartenenza. Per evidenziare la conversazione pubblica attorno agli eventi, ho deciso di analizzare i commenti e le reazioni degli utenti a vari post pubblicati su Facebook, sia da parte degli imbrattatori che dalle istituzioni ufficiali, mettendo così in luce la diversità e la polarizzazione delle opinioni riguardo le pratiche e lo statuto dell’opera pubblica.