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L'ampiezza dell'arco dei collaboratori di «Omnibus» il rotocalco fondato e diretto da Leo Longanesi dal 1937 al 1939 - costituisce il dato macroscopico della rivista e sembrerebbe indicare, nell'accostamento di nomi appartenenti ad aree culturali talora piuttosto distanti l'una dall'altra, un eclettismo generico e la sostanziale assenza di un centro di interessi sufficientemente definiti.
Tuttavia, ad una considerazione più attenta, risulta chiaro che si trattava di un eclettismo soltanto apparente, destinato a velare un disegno culturale più che preciso.
Su quelle colonne, anche grazie ad una struttura che, affiancando direttamente problemi filosofici, artistici, letterari da un lato e questioni politiche ed economiche dall'altro, ne permette una lettura «comparata», diviene infatti esplicito il complesso rapporto che legava gli intellettuali di allora alle contingenze di quel determinato momento storico. Ad esempio, alle leggi razziali e alla guerra che si profilava all'orizzonte era negata validità su ogni piano, da quello politico a quello etico; si vuole sottolineare questo dato in quanto esso costituiva, nel quadro culturale dell'epoca, un elemento di differenziazione di spicco della rivista.
Quel rapporto è verificabile anche attraverso molte delle scelte realizzate all'interno delle problematiche culturali del tempo. Particolarmente significativo risulta, in questo senso, l'interesse manifestato da parte dei responsabili della rivista nei confronti della letteratura degli Stati Uniti d'America, attraverso numerosissime traduzioni (da Cain, Steinbeck, Faulkner, Fante, Caldwell, Saroyan) e un florilegio di giudizi critici, molto spesso contrastanti tra loro, in un misto di attrazione e repulsione.
Grosso modo, la strategia editoriale di Longanesi s'informava alle due categorie meritoriamente individuate da Leonardo Sciascia: quella del «guardare altrove» e quella del «conferire un che di durevole all'effimero».
Alla prima è attribuibile la grande attenzione accordata ad altri paesi e ad altre letterature; oltre a quella americana, le introspezioni degli scrittori russi e del Centroeuropa e la memorialistica francese. Questa attenzione costituiva un utile contravveleno per reagire alle angustie e alle remore dell'Italia fascista.
Alla seconda categoria è ascrivibile invece la pratica dell'«elzeviro», o, più in generale, della prosa d'arte; pratica quasi mai condizionata né tantomeno determinata, in «Omnibus», dall'esigenza spicciola dell'originaria destinazione giornalistica. Emilio Cecchi, Mario Praz, Corrado Alvaro, Vitaliano Brancati, Alberto Savinio scelsero per «Omnibus» la misura breve dell'articolo come forma tangibile di quella coscienza del limite che presiede a un mondo poetico autentico.
Inoltre, non si perse mai di vista il lettore di massa, con dovizia di accorgimenti captatori: dal concorso permanente che voleva il lettore sul punto di divenire autore, a una peculiare e caustica commistione di
The amplitude of the range of contributors to «Omnibus» - the magazine founded and edited by-Leo Longanesi from 1937 to 1939 - is the most conspicuous fact about the magazine and would seem to indicate, in its putting together of names belonging to cultural areas sometimes quite different from each other, a generic eclecticism and the substantial absence of a centre of sufficiently defined interests.
Nevertheless, on closer examination, it becomes clear that eclecticism was only apparent, intended to veil a more than precise cultural plan. .
In those columns, thanks also to a structure which, by directly juxtaposing philosophical, artistic and literary issues on the one side and political and economical matters on the other, allows a «comparative» reading of them, the complex relationship which bound the intellectuals of that time to the contingencies of that particular historic moment becomes explicit. For example, racial laws and the war that was looming on the horizon were denied validity on any levels, either politically or ethically; we want to emphasize this fact in that it was, within the cultural framework of the time, a distinguishing feature of the magazine.
That relationship can also be verified through many of the choices made within the cultural issues of the time. Particularly significant in this respect is the interest shown by the editors of the magazine in the literature of the USA, through innumerable translations (from Cain, Steinbeck, Faulkner, Fante, Caldwell, Saroyan) and a florilegium of critical judgements, very often in contrast with each other, in a mix of attraction and repulsion.
Roughly speaking, Longanesi's editorial strategy conformed to the two categories meritoriously identified by Leonardo Sciascia: «looking elsewhere» and «giving something lasting to the ephemeral».
To the former we can attribute the great attention paid to other countries and literatures; besides American literature, the introspections of Russian and mid-European writers and French memoirs. This attention was a sort of useful antidote against the narrowness and hindrances of fascist Italy.
To the latter, instead, we can assign the practice of the «elzeviro», or, more generally, of artistic prose; such practice was hardly ever conditioned, let alone determined, in «Omnibus», by the banal exigencies of its original journalistic destination. Emilio Cecchi, Mario Praz, Corrado Alvaro, Vitaliano Brancati, Alberto Savinio chose for «Omnibus» the briefness of the article as the tangible form of that consciousness of the limit which governs an authentic poetical world.
Moreover, the magazine never lost sight of the mass reader, with plenty of captivating devices: from the permanent contest which envisaged the reader on the verge of becoming an author, to a peculiar, caustic mixture of image and writing, to the columns devoted to women and edited by two women, Irene Brin and Antonietta Drago.
«Omnibus» is the widest repertory of national life ever tried during fascism. Behind a facade of disorder were pinned and catalogued all the vices, the commonplaces, the examples of idiocy and bad taste of petit-bourgeois Italy of the time: a list of what was most decrepit and banal in the regime; something between Flaubert's Dictionary of current ideas and a horror museum. |
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