Abstract:
Sin dall’antichità il τόπος del viaggio è visto come esperienza costante dell’umanità. La letteratura lo ha rappresentato come reale, metafora della vita, ricerca dell’uomo, della conoscenza e anche dell’aspetto spirituale – in poche parole ricerca di sé. Dopo un iniziale excursus dalla letteratura greca e latina al Novecento, per dimostrare come in ogni periodo storico sia stato interpretato il tema, questo lavoro di tesi ha ristretto l’analisi alla prima metà del Ventesimo secolo – il cui punto focale è la relazione tra il mito americano nel nostro Paese e gli intellettuali.
Mario Soldati e Margherita Sarfatti possono essere considerati quasi dei resocontisti, in quanto evidenziano gli aspetti sia positivi, sia negativi, del vivere oltreoceano.
Nella Sarfatti, a differenza degli altri, si individua anche un disegno politico: il tentativo di avvicinare Mussolini a Roosevelt a discapito della Germania nazista, avendo lei intuito la pericolosità di un’alleanza italo-tedesca.
Nel decennio successivo, invece, il mito americano è inteso da Cesare Pavese come libertà letteraria, data la difficile situazione italiana, con una cultura sempre più sotto il giogo del regime.
Il declino del mito americano avviene in concomitanza della fine della dittatura fascista e quindi della censura; l’America è dunque più vicina grazie ai mezzi di comunicazione, ai prodotti importati sul mercato nostrano e alla presenza dei soldati americani, che, intervenuti in modo decisivo durante il secondo conflitto mondiale, entrano in contatto con l’arretrata società italiana del periodo. Tutto ciò, se da un lato porta al crepuscolo del mito, dall’altro non sta certo a significare la fine degli studi sulla letteratura americana (tra questi figurano, infatti, gli American Studies).