Abstract:
L’elaborato indaga le declinazioni della categoria estetica relazionale nell’ambito della Performance art.
L’ “Estetica relazionale” è teorizzata da Nicolas Bourriaud (1998), il quale avvia il dibattito sull’arte relazionale e partecipativa, attribuendo un ruolo fondamentale allo spettatore.
L'opera oltrepassa i confini formali dell'oggetto fino a coincidere con il dialogo che l'artista instaura mediante l'incontro con l'altro. Il punto focale del processo creativo diviene il rapporto umano, “forma” artistica per eccellenza, in cui relazioni ed interrelazioni sostituiscono l'opera materiale.
È proprio dall’incontro tra l’artista ed il pubblico che si diffondono nuove pratiche performative, in cui l’esito finale è dato dalla loro co-creazione.
L’estetica relazionale si innesta nei filoni di ricerca che, nella seconda metà del ‘900, hanno promosso situazioni performative: dall’Happening alla Performance art, all’attività della corrente internazionale Fluxus.
La Performance art, oggetto del secondo capitolo, si configura come un terreno fertile di esperienze relazionali che indagano il rapporto spettatore-performer; tra queste viene descritta la pratica performativa dell’artista Kyrahm, attraverso un’esclusiva intervista per questo lavoro di ricerca.
Tuttavia, questo rapporto è stato messo a dura prova durante il lockdown, periodo in cui i rituali relazionali sono stati interrotti dalla pandemia. In questo contesto, sono nate varie sperimentazioni performative con tentativi di riattivazione di rituali per ricongiungere gli individui. Nel terzo capitolo saranno analizzate alcune di queste iniziative con interviste condotte personalmente; tra queste, le performances via posta di Samara editions, l’edizione online di “CORPO - Festival di arti performative”, “In-box”, performance che inscena gli effetti della quarantena.